Tra i democratici testa a testa Clinton e Sanders. I sondaggi repubblicani danno Trump in vantaggio per i repubblicani.
Insieme alle primarie oggi al via il caucus: un sistema adottato da alcuni Stati dove si riunisce l'assemblea chiusa degli attivisti di partito, che scelgono i delegati alla Convention. Nel caso dell'Iowa gli attivisti eleggeranno i delegati delle contee, che a loro volta eleggeranno quelli dello Stato e dei distretti che infine nomineranno quelli che andranno alla Convention del partito. Quella dei democratici si svolgerà il 25 luglio a Philadelphia, dove parteciperanno i 4.051 delegati, quella dei repubblicani dal 18 al 21 luglio a Cleveland, nella quale si riuniranno i 2.346 delegati. Trattandosi di elettori molto motivati e politicizzati, questo sistema tende generalmente a favorire i candidati più radicali (differentemente dal sistema delle primarie aperte, che attrae voti più trasversali e indipendenti).
Ciascuno dei maggiori partiti organizzerà separatamente il caucus (che a differenza delle elezioni primarie sono eventi privati organizzati dai partiti con l'aiuto dei loro volontari), presentando regole differenti tra repubblicani e democratici. Per esempio, nel Grand Old Party si terrà un voto segreto, differentemente da quanto avrà luogo nel partito dell'asino. I repubblicani mettono in palio 30 delegati. I democratici 52. Il sistema di attribuzione in questo Stato è identico per entrambi i partiti ed è quello proporzionale.
Il caucus dell'Iowa è appuntamento fondamentale per le primarie. Innanzitutto per la copertura mediatica: il candidato vincente acquisisce notorietà. Si pensi a due casi: Barack Obama nel 2008 e Rick Santorum nel 2012 che erano dati come nomi di poco conto, invece riuscirono a imporsi vincendo proprio i caucus dell'Iowa. I finanziatori, inoltre, spesso decidono di foraggiare i candidati che vincono i caucus. In considerazione di quest'ultimo fatto, spesso chi ottiene scarse performance in Iowa, viene abbandonato dai finanziatori e costretto ad arrendersi: si veda il caso di Rick Perry e Michele Bachmann nel 2012.
Al via le primarie per le presidenziali statunitensi. Stasera nell’Iowa si svolge il primo caucus, l’assemblea degli attivisti per decidere i candidati che parteciperanno alle convention del partito democratico e di quello repubblicano. Secondo i sondaggi il repubblicano Donald Trump ha un leggero vantaggio su Ted Cruz, mentre la democratica Hillary Cliton ha un piccolo margine nei confronti di Bernie Sanders.
La Stepping Homes è una libreria piena di crocifissi e di scaffali contrassegnati da cartellini in caratteri vintage: «Bibles», «Devotional», «Christian Living», «Christian Fiction». È un venerdì sera, fa freddo, non c’è quasi nessuno in giro a Grinnell, 9.200 abitanti, una cittadina a nord-est di Des Moines, la capitale dall’Iowa. Anche il negozio è vuoto. Alla cassa Michaela, una ragazza di 18 anni, chiacchiera volentieri. Suo padre è il reverendo Brandon Bradley, pastore della Grinnell Christian Church.
«Lui voterà per i repubblicani, non so se per Ted Cruz o Marco Rubio — dice Michaela —. Io sono indecisa, mi attirano i democratici... Hillary Clinton o Bernie Sanders? Forse Sanders».
Nell’America metropolitana, a New York soprattutto, molti pensano che il Mid-West sia ancora popolato da bigotti integralisti, con i mutandoni di lana fino alle caviglie, pronti ad appoggiare in blocco la destra più conservatrice della Nazione. È davvero così? Vale la pena cercare qualche segnale diretto nella profondità dell’«evangelical America». Per esempio a Grinnell, Comune nato nel 1854 e che prende il nome del fondatore, un religioso Congregazionalista del Vermont. Circa 9.200 abitanti e un’impressionante densità di chiese: 15 di confessione protestante, una cattolica e un’altra decina di piccole comunità cristiane spirituali.
Più croci che supermercati, per non parlare dei bar. Nell’altra libreria cittadina, «Pioneer Bookshop», Kate Fischer, 37 anni, sposata, quattro figli, la mette così: «Le cose stanno cambiando anche qui. C’è una frattura generazionale che comincia proprio con le persone della mia età. A Grinnell è arrivata la cultura della finanza, c’è un college di valore nazionale. Penso che soprattutto per chi ha meno di quarant’anni le scelte non siano più così rigide. Io sono credente, faccio parte della Christian missionary alliance, ma potrei votare per un candidato democratico: guardo il programma, la persona».
Segnali, appunto, che non devono far perdere di vista il quadro generale. I candidati repubblicani, Trump e Cruz, si contendono una larga parte dei voti degli evangelici, poi viene Marco Rubio. Tutti i pretendenti conservatori hanno speso molti soldi per spot pubblicitari dal forte odore di incenso, trasmessi in modo ossessivo da radio e televisioni locali.
Il neurochirurgo Ben Carson arriva a proclamarsi «il più credente di tutti». Ma attenzione: l’Iowa questa volta potrebbe riservare qualche sorpresa. Sulla carta, per esempio, il «socialista» Sanders dovrebbe essere tagliato fuori. Invece le sue posizioni «inclusive», la sua insistenza sui bisogni dei più poveri, «gli ultimi», hanno destato una certa attenzione nelle comunità religiose. La prova? Non c’è. Ci sono, però, molti indizi interessanti.
È il momento di rientrare a Des Moines. Tappa nella più grande chiesa presbiteriana dello Stato: la Westminster Presbyterian Church, costruita nel 1858. Fa da guida Laura Sherlock, una giovane donna sulla trentina, sposata, due figli. È la direttrice delle Comunicazioni della comunità. Per prima cosa disegna la mappa religiosa del territorio: «Direi che il 50 per cento della popolazione di Des Moines (207 mila abitanti, ndr) è cristiana, distribuita tra le diverse ramificazioni dei protestanti. La quota dei cattolici è modesta. Il 25 per cento circa frequenta attivamente le oltre 100 chiese di Des Moines».
Più o meno queste proporzioni, aggiunge Laura Sherlock, valgono per l’Iowa, 3 milioni di persone. «La Westminster conta su 1.200 membri. Alla celebrazione della domenica vengono circa 400 fedeli. Ma quello che conta è che noi siamo una comunità aperta. Ecco vede questo arcobaleno sul nostro volantino? Significa che le porte sono aperte anche per le coppie di omosessuali». Dispiega il foglietto, legge: «Tutti sono benvenuti, senza distinzione di età, razza, sesso; sposati o divorziati; qualunque sia la condizione fisica, l’identità sessuale, l’orientamento sessuale, l’etnia, le condizioni economiche...». La giovane signora Sherlock ora tira le fila, con un sorriso: «Come vede non siamo così ottusi. Anzi direi che siamo su posizioni socio-politiche piuttosto avanzate. Crediamo e pratichiamo molto l’assistenza sociale. Sembra di sentir parlare Sanders? Beh, qui molti lo stimano. Poi certo, altri sceglieranno i repubblicani. Anche noi siamo pur sempre americani, no?».
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