giovedì 14 maggio 2015

Caso Marò, Corte suprema indiana fissa l'udienza per il 7 luglio



La Corte suprema indiana ha accettato oggi di discutere lunedì prossimo una nuova istanza presentata dall'Italia per una estensione del permesso concesso al fuciliere di Marina Massimiliano Latorre di curarsi in Italia per le conseguenze dell'ictus subito a settembre. Nei giorni scorsi il marò è stato sottoposto a un intervento chirurgico per una anomalia cardiaca presso il Policlinico di San Donato.

Ad appena una settimana dalla scadenza dei tre mesi concessi a Latorre per proseguire in Italia le terapie legate all'ictus che l'ha colpito

La Corte Suprema indiana ha fissato per il 7 luglio l'udienza riguardante il ricorso presentato dai Fucilieri di Marina Massimiliano Latorre e Salvatore Girone contro l'utilizzazione della polizia investigativa Nia nel processo che li riguarda. E' quanto emerge dal sito web della stessa Corte.

L'udienza doveva tenersi il 28 aprile, ma quel giorno i giudici dell'aula n.3 del massimo tribunale indiano decisero di esaminare solo un caso, complesso e implicante possibili condanne a morte, rinviando a dopo le ferie estive

Se sarà confermato il giorno, l'udienza si svolgerà ad appena una settimana dalla scadenza dei tre mesi concessi a Latorre per proseguire In Italia le terapie legate all'ictus che lo ha colpito a fine agosto 2015.

Dopo tre anni dalla morte di due pescatori indiani al largo delle coste del Kerala e del fermo dei fucilieri italiani Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, dopo aver riconosciuto la giurisdizione dei tribunali indiani, dopo aver provato a sottrarre i marò dal processo con mezzi discutibili e dopo aver aperto un negoziato diplomatico, l'Italia è pronta a imboccare la via dell'arbitrato internazionale.
Cioè la prima scelta che le si era presentata all'indomani dell'incidente. E che era stata scartata.

Per arrivare al tribunale internazionale ci vuole un compromesso.

Il primo ostacolo per arrivare all'arbitrato nel caso dei marò sta nel fatto che i tribunali internazionali non hanno competenza obbligatoria.

Questo significa che per portare una disputa di fronte al giudice del Mare di Amburgo servirebbe un compromesso tra le parti. Poteva essere trovato tre anni fa. Difficile che l'India, dopo aver costituito una corte ad hoc e aver rimesso la questione della giurisdizione alla sua Corte suprema, ora assecondi la svolta italiana.

Per la Corte penale internazionale, invece, basta che uno Stato abbia firmato la clausola di accettazione della competenza del tribunale. L'India l'ha fatto per prima, ma apponendo una serie di riserve.

E l'Italia ha un precedente difficile da far dimenticare. Quando nel 2012 la Cpi ha dato ragione alla Germania, nella disputa tra Roma e Berlino sul pagamento delle riparazioni della Seconda guerra mondiale, la nostra Corte Costituzionale ha dichiarato nulla la sua competenza sul territorio italiano.

Per il caso dei marò, allora, la scelta più semplice è un'azione unilaterale.

La corte chiamata a giudicare deve ancora essere costituita

La Convenzione Uniclos delle Nazioni Unite prevede (Annesso VII) che un Paese possa avviare un ricorso unilaterale, ma in questo caso, avverte l'esperto di diritto internazionale Natalino Ronzitti, c'è «il rischio che l'India possa apporre impedimenti burocratici e rallentare l'intero procedimento».

Per risolvere la disputa, infatti, deve essere creata una corte abritrale ad hoc composta da cinque membri. Una per ogni parte, e tre scelti di comune accordo.

Il Corriere della sera sostiene che l'Italia potrebbe rivolgersi alla Corte permanente dell'arbitrato dell'Aja, ma in realtà il tribunale (praticamente in dismissione) potrebbe offrire aiuto solo per l'apertura della procedura.

L'Italia potrebbe scegliere i propri arbitri tra quelli che lavorano presso il tribunale. Ma la corte chiamata eventualmente a decidere sul caso marò ancora non esiste: deve essere costituita ad hoc.

L'arbitrato non sospende il processo in India

L'intera procedura non sospende il processo in corso in India.
Anzi, i due procedimenti possono viaggiare parallelamente, nonostante questo possa creare ulteriori imbarazzi a livello diplomatico.

Il rapporto sul caso dei marò stilato nel 2014 da Ronzitti per il servizio studi del dipartimento degli Affari esteri della Camera, anzi, suggerisce che l'arbitrato debba essere condotto assieme a un'attività di negoziato.

L'obiettivo è il ritorno temporaneo dei marò in Italia

Cosa può ottenere l'Italia? Nel caso si apra il contenzioso, Roma ha la possibilità di rivolgersi al tribunale del mare di Amburgo e - in nome della disputa in corso - chiedere misure temporanee per i due marò, prime fra tutte ovviamente il rinvio in patria dei due fucilieri.

Si tratta appunto di un risultato temporaneo. Per la soluzione, invece, con tutta probabilità serviranno anni.

Nel migliore dei casi bisogna aspettare almeno 24 mesi

La casistica degli ultimi ricorsi unilaterali la dice lunga sui tempi degli arbitrati. Guardando agli ultimi 10 contenziosi, uno si è risolto in un anno, due in due anni, altri tre sono cominciati da due anni e sono ancora in corso, uno si è risolto in tre anni, uno è in corso da quattro, un altro da cinque e uno si è concluso dopo sette anni.



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