È passato quasi un secolo, infatti, da quando, nel novembre 1915, Albert Einstein pubblicò una nuova teoria della gravità, “la più sorprendente combinazione di penetrazione filosofica, intuizione fisica e abilità matematica”, secondo la definizione del premio Nobel per la fisica Max Born.
Occupa appena mezza riga, ma contiene un’intuizione che ha cambiato per sempre la nostra concezione dell’universo. L’idea che lo spazio si curvi in presenza della materia. Un’idea riassunta in un’equazione che ha cento anni di vita. È passato quasi un secolo, infatti, da quando, nel novembre 1915, Albert Einstein pubblicò il suo capolavoro: una nuova teoria della gravità, la Relatività generale, “la più sorprendente combinazione di penetrazione filosofica, intuizione fisica e abilità matematica”, secondo la definizione del premio Nobel per la fisica Max Born. Un compleanno che verrà celebrato dalle Nazioni Unite tutto il 2015, nell'ambito dell’Anno internazionale della luce.
La teoria di Einstein prevede, infatti, che insieme allo spazio anche la luce devii dalla sua traiettoria rettilinea. Fu proprio questa caratteristica a fornire la prova sperimentale, la prima di una lunga serie, della validità della teoria. Nel 1919 un’eclissi solare permise di misurare con precisione la curvatura dei raggi luminosi provenienti da un gruppo di stelle lontane, a causa della massa del Sole. La misura corrispondeva ai calcoli previsti da Einstein. Il genio di Ulm aveva ragione. E da quel momento in poi il suo nome divenne celebre in tutto il mondo. “Ci sono capolavori assoluti, come il Requiem di Mozart, o la Cappella Sistina, che ci emozionano intensamente e aprono uno sguardo nuovo sul mondo. Il gioiello di Einstein è uno di questi”, afferma nel suo ultimo libro, “Sette brevi lezioni di fisica”, Carlo Rovelli, fisico teorico, responsabile del gruppo di gravità quantistica dell’Università di Aix-Marsiglia.
In occasione del centenario della Relatività generale l’Università di Princeton – dove Einstein insegnò, dopo aver lasciato la Germania in seguito alla conquista del potere di Hitler, a partire dal 1933 fino alla sua morte nel 1955 – ha pubblicato un nuovo archivio digitale dello scienziato, “The Collected papers of Albert Einstein”. Una collezione che integra quelle già esistenti, curate dalla Hebrew University of Jerusalem e dal California Institute of Technology. “Einstein espresse chiaramente il desiderio che non ci fossero monumenti o memoriali per lui – scrive l’editore nella prefazione al primo volume -. Crediamo che il monumento e memoriale migliore siano proprio i suoi scritti”.
Più di 5mila manoscritti originali, disponibili gratuitamente e in gran parte tradotti in inglese. Una raccolta di 13 volumi, che abbraccia un periodo di venti anni, dall’adolescenza al 1923, due anni dopo l’assegnazione del Nobel per la fisica. E racconta non solo il celebre scienziato, ma anche l’uomo Einstein, con tutte le sue debolezze e fragilità. Come testimoniano le lettere d’amore dei tempi del liceo, o i documenti sul suo divorzio. Ci sono le missive inviate ai giornali, ma anche il diario personale del padre della Relatività e numerosi messaggi lasciati in giro dallo studioso, spesso in luoghi insoliti come le scatole delle scarpe. Un nuovo volume, con circa un migliaio di documenti, dovrebbe aggiungersi proprio nelle prime settimane dell’anno. Complessivamente, però, i testi originali su cui si sta lavorando per la pubblicazione completa sono molto più corposi, circa 80mila.
“La Relatività generale ci ha fornito la chiave per comprendere la storia dell’universo, l’origine del tempo e l’evoluzione di tutte le stelle e le galassie nel cosmo”, sottolinea su Nature Pedro Ferreira, astrofisico presso l’Università di Oxford. Senza le sue intuizioni oggi, probabilmente, gli scienziati della missione Rosetta non sarebbero riusciti a sbarcare su una cometa, e i fisici del Cern di Ginevra a sbirciare nei segreti più intimi della materia.
“La Relatività ci ha fornito la chiave per comprendere la storia dell’universo, l’origine del tempo e l’evoluzione di tutte le stelle e le galassie”
Nel 1905 Einstein formula la teoria della relatività ristretta, che risolve le contraddizioni tra relatività galileiana ed elettromagnetismo. Dieci anni dopo, nel 1915, l'equazione di campo di Einstein - cuore della teoria della relatività generale - risolve il conflitto tra la relatività ristretta e la teoria della gravitazione di Newton. Nasce una nuova fisica e un nuovo modo di guardare l'universo. Ecco la storia (e soprattutto la portata) di quella scoperta.
Il titolo originale era La fondazione della teoria della relatività generale. 54 paginette scritte in tedesco fitto fitto, destinate a cambiare radicalmente il corso della scienza, pubblicate un secolo fa sulla rivista Annalen der Physik da un ex impiegato dell’ufficio brevetti di Berna, poi diventato professore di fisica nell’ateneo della città svizzera. E la relatività generale non era il suo primo exploit. Già dieci anni prima, nel 1905 – il famoso annus mirabilis – Einstein aveva prodotto ben sei lavori in sette mesi (tra questi, quello sulla relatività ristretta e quello sull’effetto fotoelettrico, che gli frutterà il premio Nobel per la fisica nel 1921).
Per uscirne, Einstein elaborò un’equazione di campo che rivoluzionava completamente il concetto di gravità. Secondo tale equazione, che rappresenta il nocciolo della relatività generale, la forza gravitazionale non è altro che la manifestazione della curvatura di una nuova entità, lo spazio-tempo (una specie di tessuto a quattro dimensioni – tre spaziali e una temporale – in cui vive il nostro Universo).
Per spiegare il meccanismo, i fisici si aiutano spesso con la metafora del foglio di gomma. Lo spazio-tempo si può immaginare, per l’appunto, come una superficie morbida che viene curvata dalle masse che vi sono appoggiate (anche se la metafora non è assolutamente corretta dal punto di vista scientifico, rende abbastanza bene l’idea di Einstein). La forza di gravità avvertita, per esempio, dalla Terra nei confronti del Sole è il risultato della curvatura del foglio di gomma quadridimensionale causata dalla massa del Sole stesso. Per sviluppare la sua intuizione, Einstein si servì degli strumenti matematici appena messi a punto dagli italiani Luigi Bianchi, Gregorio Ricci-Curbastro e Tullio Levi-Civita.
Nessun commento:
Posta un commento