domenica 18 febbraio 2018

Kosovo ha festeggiato 10 anni di indipendenza



Il 17 febbraio 2008 a dieci anni dalla guerra del 1998-1999, da più di 13mila vittime documentate, da 11 settimane di raid aerei della Nato su Belgrado e dal ritiro delle truppe serbe dalla loro provincia, il Kosovo proclamò unilateralmente il distacco e dichiarava l’indipendenza dalla Serbia, ma quella decisione unilaterale ancora oggi causa forti frizioni tra Pristina e Belgrado e anche parte della comunità internazionale. Le strade della capitale sono decorate con la bandiera kosovara e vessilli raffiguranti un cuore con la scritta "Dal Kosovo con amore".

Finora sono 116 le nazioni che hanno riconosciuto il Paese compresa la Corea del Sud che ha permesso ad un atleta kosovaro di partecipare alle Olimpiadi invernali.

Si festeggia il decennale, in ogni caso l'economia del Kosovo resta al palo, la disoccupazione sfiora il 27% e ancora oggi il Paese continua a non convincere gli investitori stranieri.

Nel giorno in cui il Kosovo celebra i dieci anni dalla proclamazione d'indipendenza, la Serbia cerca di rovinare la festa, ribadendo la sua strenua opposizione alla sovranità di Pristina e a quello che Belgrado definisce «il cosiddetto Stato del Kosovo».

Il ministro degli esteri Ivica Dacic, parlando oggi in una conferenza stampa, ha annunciato che il Burundi - Paese che ha visitato in questi giorni - ha revocato la sua decisione di riconoscere l'indipendenza del Kosovo. «Questi giorni a Pristina si celebra il decimo anniversario della proclamazione unilaterale di indipendenza del Kosovo. Voglio dare un contributo. Ho portato con me la nota del ministero degli esteri del Burundi con la quale si ritira il riconoscimento del Kosovo», ha detto Dacic.

Ciò dimostra, ha osservato, quanto sia fragile l'indipendenza del Kosovo e quanto sia "falsa" la lista dei 116 Paesi che la dirigenza di Pristina mostra alla popolazione. «Chiedo che mostrino la documentazione relativa a tutti i 116 Paesi. In quella lista vi sono Paesi che non hanno mai riconosciuto il Kosovo", ha affermato il ministro degli esteri secondo il quale la questione del Kosovo non potrà essere risolta senza un accordo con la Serbia.

Dacic è poi tornato a criticare il ministro degli esteri tedesco Sigmar Gabriel, che in una visita a Pristina nei giorni scorsi ha detto che la Serbia dovrà riconoscere l'indipendenza del Kosovo se vuole entrare nella Ue. Parlando di "messaggio arrogante", il ministro ha detto che «ognuno è libero di pensare ciò che vuole, ma con la Serbia non si può parlare in questo modo».

Toni perentori contro l'indipendenza di Pristina anche da parte di Marko Djuric, direttore dell'Ufficio governativo serbo per il Kosovo. A suo avviso, oggi in realtà si celebrano i dieci anni dalla «distruzione del sistema del diritto internazionale e dei principi di sovranità statale». A suo avviso il vero risultato del "progetto secessionistico" in Kosovo sono stati "quasi 250 mila profughi serbi, i pericoli per le chiese cristiane e i monasteri serbi, i rigurgiti dell'estremismo religioso islamico, della criminalità e dell'illegalità, il più alto tasso di disoccupazione in Europa, una cronica instabilità politica. «Il Kosovo è stato e rimarrà serbo», ha detto Djuric.

Quella che resta da compiere passa anche da Bruxelles. Insieme alla Serbia, il Kosovo è nella pattuglia di Paesi balcanici candidati alla Ue - obiettivo 2025, e Bruxelles intende sponsorizzare un dialogo tra Belgrado e Pristina ricordando costantemente ai serbi che il riconoscimento del Kosovo e l’accettazione della sua indipendenza è condizione irrinunciabile per aderire all’Unione. Prospettiva ancora inaccettabile per la Serbia, che considera il Kosovo la culla della propria storia e della religione ortodossa, che sostiene finanziariamente i 120mila serbi kosovari e vede la soluzione del confronto in una spartizione, o comunque in una formula da sottoporre in un referendum agli elettori. «Se non ci sarà un compromesso - ha ribadito il presidente serbo Aleksandar Vucic in un’intervista alla Reuters - avremo un conflitto congelato per decenni. Non dovremmo lasciarlo da risolvere ai nostri figli».



Nessun commento:

Posta un commento