venerdì 22 novembre 2013

Jfk 50 anni dopo restano tanti misteri ma una certezza



Il 26 settembre 1960, va in scena il primo duello televisivo fra i candidati alla Casa Bianca. Il senatore democratico John F. Kennedy sfida il vicepresidente in carica Richard Nixon. John Fitzgerald Kennedy è stato il 35 Presidente degli Stati Uniti. Da questo dibattito sospinse Kennedy alla Casa Bianca, che travolse Nixon e trasformò le democrazie occidentali in teledemocrazie.

Kennedy si lancia in una arringa anti comunista e anti sovietica che porta gli echi di quel maccartismo ancora caldo sotto la cenere degli anni ' 50. Per due volte nei primi tre minuti nomina e attacca Nikita Kruscev, che eraa New Yorke pochi giorni dopo, in ottobre, avrebbe offerto lo show della scarpa pestata sui banchi dell' Onu, come l' avversario mortale, quello che stava progettando di "distruggerci".

Prima dell'attacco alle Torri Gemelle del settembre 2001, il fatto che segnava la storia degli Stati Uniti in epoca moderna, quello che veniva individuato un prima e un poi nella coscienza degli statunitensi, era stata l'uccisione di John Fitzgerald Kennedy.

Quel sangue versato a Dallas il 22 novembre del 1963 fece piangere un'intera Nazione e segnò la fine di un'epoca innocente e fiduciosa.

Chi ha ucciso Jfk il 22 novembre del 1963 a Dallas? Un assassino solitario o una squadra di tiratori esperti parte del complotto più inquietante del secolo scorso? La diatriba va avanti orami da 50 anni: poche ore dopo la morte del presidente statunitense le opposte teorie già animavano il dibattito dei contemporanei.

Impossibile affidarsi a una ricostruzione "ufficiale": nel 1964 la Warren Commission, costituita per indagare sul delitto, arrivò a concludere che Kennedy era stato ucciso da un "lone wolf", Lee Harvey Oswald, un ragazzo di 24 anni con un passato nei Marine e una diserzione in Urss, conclusasi con il rientro negli Stati Uniti nell'estate del 1962, accompagnato da una moglie e una figlia, Marina e June.

Ma nel 1976 venne costituito un altro comitato, House Selected Committee on Assassinations (Hsca), per fare luce non solo sul delitto di Jfk e sugli omicidi di Martin Luther King (aprile 1968) e del fratello del presidente, Robert F. Kennedy (giugno '68), ma anche sui tentativi firmati Cia per assassinare leader stranieri considerati nemici, come Patrice Lumumba in Congo e Fidel Castro a Cuba. Il comitato concluse che a Dealey Plaza quel 22 novembre del 1963 erano in azione almeno due tiratori. L'Hsca, nel suo rapporto del 1979, criticò aspramente Fbi, Cia e la stessa Warren Commission per la ''superficialità a tratti inquietante" con cui era stata condotta l'inchiesta.

Sappiamo dalle parole dello storico Michael Benschloss che la sera del 22 novembre Kennedy avrebbe pronunciato parole che suonerebbero attuali ancor oggi: «Il nostro dovere non è solo la conservazione del potere politico, ma la protezione della pace e della libertà. Non litighiamo fra di noi, ma uniamoci con rinnovata fiducia, decisi che questo nostro Paese che amiamo continui a guidare l'umanità verso nuove frontiere di pace e abbondanza».

Il rapporto finale del 1979 è stato tuttavia aspramente criticato dai sostenitori della teoria dell'assassino solitario, che ne hanno evidenziato lacune e contraddizioni. Anche dal fronte dei 'complottisti', che accusa la Warren Commission di essere parte integrante del complotto per uccidere Kennedy, sono partite sonore bordate: la Hsca ha infatti sposato la teoria dei due tiratori senza arrivare a conclusioni chiare, tanto che nel rapporto finale si legge che "la presenza di due killer non comporta necessariamente l'esistenza di un complotto per uccidere il presidente". Nel mondo dei ricercatori soprattutto americani prevale poi una terza teoria, fatta propria da Oliver Stone nel suo "Jfk" del 1991: a Dealey Plaza erano in azione tre squadre, i colpi sparati furono almeno sei.

Nel corso degli anni, la declassificazione dell'enorme documentazione sul caso, sono milioni le pagine top secret rese accessibili al pubblico, ha rivelato sempre maggiori dettagli, che però non hanno consentito di scrivere la parola fine. Da ultimo è emerso che le pallottole sparate a Dallas, del calibro 6.5 come il fucile italiano Carcano che si ritiene sia stato usato quel giorno, erano state prodotte in Usa nel 1954, per "conto della Cia" stimò l'Fbi. Spedite all'estero, secondo il ricercatore Donald B. Thomas per "un golpe progettato in Italia", vennero reintrodotte sul mercato americano dalla ditta di un certo William Sucher. La stessa azienda aveva reimportato in America il revolver Smith&Wesson trovato indosso a Oswald al momento dell'arresto. L'ennesima prova, affermano i 'complottisti', che l'ex Marine aveva legami con i servizi segreti americani e che, come dichiarò lo stesso Oswald, era un "patsy", un capro espiatorio. Una pedina, in mano a chi? Alla Cia, all'Fbi, all'intelligence sovietica, a Castro, o al complesso "militare-industriale" Usa che vedeva in Jfk un nemico? Il mistero resta fitto.

Alcuni libri  propongono nuove spiegazioni sullla figura del presidente. Larry Sabato, ad esempio, in "The Kennedy Half Century" spiega come sia stato l'assassinio a plasmare l'immagine di Kennedy nella memoria e nella coscienza del Paese. Robert Dallek torna a visitare la vita alla "Camelot's Court", nella Casa Bianca di John e Jackie. Clint Hill, l'agente della scorta presidenziale che balzò sul retro dell'auto subito dopo il primo sparo, ricostruisce in "Five Days in November" l'infausto viaggio in Texas e i giorni immediatamente seguenti, con un'immagine mai conosciuta prima: Jackie che chiama Hill nel mezzo della notte per farsi accompagnare a pregare sulla tomba del marito al cimitero di Arlington, con il silenzio e il buio che l'avvolgono come un manto di dolore.

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