Da quando il Casinò è fallito la sopravvivenza degli abitanti è garantita dall'amministrazione elvetica. Un deputato a Berna propone il passaggio del paese alla Svizzera e il ministro risponde positivamente.
Campione è un comune a tutti gli effetti italiano ma, come è noto è una «enclave»: è inglobato nel territorio del Canton Ticino, circondato su tutti i lati dal confine di Stato. Altra singolarità: l’amministrazione campionese non riceve soldi dal governo di Roma ma campa esclusivamente degli introiti del Casinò che sorge sul suo territorio. E qui sta l’inizio di tutti i guai. Prima dell’estate la casa da gioco è stata dichiarata fallita: tutti i dipendenti sono rimasti senza lavoro ma quel che è peggio anche il municipio è stato trascinato a fondo, non avendo più incassi. Risultato: dipendenti senza stipendio, scuole chiuse, pagamenti sospesi, servizi interrotti. La sopravvivenza di Campione dipende attualmente dalla Svizzera, che ha cominciato a erogare i servizi al posto dell’Italia: gli studenti campionesi vanno a scuola nei vicini comuni svizzeri, la raccolta dei rifiuti è garantita da una ditta ticinese e così via. Claudio Zali, «governatore» del Canton Ticino ha reso noti i conti pochi giorni fa: Campione ha già accumulato un debito con il Cantone vicino al milione di franchi svizzeri, un altro 1,9 ce lo ha messo il municipio di Lugano, un milione e mezzo di franchi lo hanno messo aziende private. In tutto fanno ben più di 3 milioni di euro.
"Campione d'Italia svizzero? È immaginabile". È il pensiero stupendo del ministro degli Esteri svizzero Ignazio Cassis che ha commentato la proposta del deputato elvetico Marco Romano di annettere il comune alla confederazione. Un pezzo di Italia che passa armi e bagagli ad un altro Stato? L’ipotesi ha provocato qualche scossone negli ambienti diplomatici della Confederazione e la reazione piccata del sottosegretario agli interni italiano, il leghista Stefano Candiani: «Non se ne parla!». Ma al di là della frontiera di Chiasso, l’idea comincia ad avere un minimo di credibilità, come dimostrano le parole stesse del ministro.
La crisi di Campione è approdata al parlamento di Berna, quando il deputato Marco Romano, del partito popolare, ha presentato una interrogazione testualmente così formulata: «Alla luce della difficoltà nel trovare delle soluzioni, è immaginabile che la Confederazione, nell'ambito delle trattative con l’Italia, avvii anche una discussione di possibile cessione di questo territorio alla Svizzera?». Pareva una boutade retorica fino a quando Ignazio Cassisi, ministro degli esteri nonché ticinese ha risposto: «È immaginabile, ma evidentemente ci dovrebbero essere delle proposte dell’autorità competente cantonale in tal senso. Dopodiché quella federale farà le sue riflessioni a proposito». Insomma una annessione di un pezzo di Italia alla Svizzera non è escluso a priori. Le parole di Cassis non sono cadute nel vuoto.
Marco Romano. dal canto suo, nega che la proposta sia stata avanzata tanto per dire e anzi ne rivendica la concretezza: «Quelle del Casinò di Campione sono crisi cicliche. A mia memoria personale è già successo altre volte ed è sempre toccato alla Svizzera prestare aiuto. E allora mi chiedo: perché in un’ottica di solidarietà non pensiamo di intavolare un percorso che conduca Campione ad un nuovo assetto politico?». Secondo il parlamentare elvetico alcuni fattori spingono già in questa direzione: «A parte la collocazione territoriale all'interno della Svizzera, una buona parte dei residenti a Campione ha già la cittadinanza svizzera e mi risulta sia già partita una raccolta di firme tra i residenti per sostenere il cambio di bandiera». Ma come è ipotizzabile il «traghettamento» di un paese da uno stato all’altro? Un precedente non esiste...«Non, di questa natura no - replica Romano - . È chiaro che tutto deve avvenire lungo un percorso democratico, con due parti che dialogano e che si danno tempo. Possiamo ipotizzare una decina di anni. Non mi sono mai sognato di proporre una annessione unilaterale! Ma mi piacerebbe che italiani e svizzeri cominciassero a pensare al progetto. In fondo la politica è fatta anche di visione futura».
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