mercoledì 3 ottobre 2018

Cile e Bolivia la disputa per l’acceso al mare



La Corte internazionale di giustizia dell'Aia ha preso posizione su una delle più antiche controversie diplomatiche in America Latina. Il tribunale ha deciso con 12 voti a favore e 3 contrari che il Cile non ha l'obbligo giuridico di avviare negoziati con la Bolivia per concederle l'accesso sovrano all'oceano Pacifico che il paese andino rivendica come legittimo.

La corte si è quindi espressa a favore della posizione cilena nella disputa, decidendo che "il Cile non ha l'obbligo di negoziare con la Bolivia" per l'accesso al mare. In una sentenza che ha sorpreso il Cile per la sua risoluzione categorica, senza condizioni o suggerimenti, la Corte internazionale ha respinto la richiesta della Bolivia di "obbligare il Cile a negoziare in buona fede un'uscita sovrana verso il Pacifico".

Durante la lettura della sentenza, durata un'ora e mezza, sono state analizzate le argomentazioni boliviane, tutte però scartate, una ad una. La provincia cilena di Antofagasta, fino al 1879 territorio boliviano, è esplosa di gioia dopo aver ascoltato la sentenza della corte. Le immagini di felicità della provincia cilena si sono contrapposte alla delusione vissuta in Plaza Murillo a La Paz, dove la gente si era radunata per ascoltare la sentenza.

In conseguenza della cosiddetta "Guerra del Pacifico", combattuta fra il 1879 ed il 1883, la Bolivia perse 400 chilometri di costa e 120'000 chilometri quadri di territorio.

Il sogno della Bolivia di avere finalmente un fazzoletto di terra che permettesse al proprio stato uno sbocco diretto sul mare è andato letteralmente in frantumi. Sembrano davvero non essere serviti a niente decenni e decenni di discussioni, proposte, negoziazioni e violenti scontri verbali con i cugini cileni.

La decisione espressa dal Tribunale dell’Onu mette fine alla denuncia presentata nel 2013 da La Paz che cercava (invano) di far uscire il proprio paese da una situazione di isolamento territoriale, iniziata nel lontano 1883. Il confine tra Bolivia e Cile sembra essere stato deciso sulla base di un trattato firmato da ambo le parti nel 1904.

Si tratta di una disputa che si trascina dal XIX secolo. Com'è cominciata e perché è una questione così controversa?

Il territorio conteso
Il Corridoio di Atacama è un territorio di 120.000 chilometri quadrati, con un tratto di costa di circa 400 chilometri.

La Bolivia ritiene che il Cile abbia approfittato della sua posizione di forza dopo la vittoria della guerra per appropriarsi dei suoi territori e che, privando la Bolivia del tratto di costa che le appartenava prima del conflitto, abbia recato un gravo danno all'economia del Paese. A questo proposito, il direttore generale dell'Istituto boliviano del commercio estero (IBCE), Gary Rodriguez, ha citato uno studio condotto da un'associazione di industriali di Santa Cruz, la regione più prospera della Bolivia: secondo lo studio tra il 2013 e il 2017 la Bolivia ha subito un danno economico di oltre 300 milioni di dollari a causa delle oltre 60 occasioni in cui sono stati bloccati gli scambi commerciali attraverso i porti cileni.

Il Cile sostiene che i suoi problemi di confine con la Bolivia sono stati risolti con il trattato firmato nel 1904, venticinque anni dopo la fine del conflitto e da allora ha sempre difeso la validità dell'accordo. Ritiene inoltre che il trattato non incida negativamente sullo sviluppo economico della Bolivia, poiché le concede il diritto di libero transito commerciale attraverso i porti del Pacifico, in particolare attraverso la città di Arica. La risposta di Santiago non si è fatta attendere. “La Corte ha fatto giustizia e ha messo le cose al loro posto, affermando in modo chiaro e categorico che il Cile non ha mai avuto alcun obbligo di negoziare l'accesso al mare”, ha dichiarato il presidente cileno Sebastian Piñera. “Oggi è un grande giorno per il Cile, ma anche per il diritto internazionale, per il rispetto dei trattati internazionali e per la convivenza sana e pacifica tra i paesi”.

Che effetti avrà la decisione dell'Aia sulla controversia?
Il governo boliviano ha detto di avere chiesto più volte di negoziare un accesso marittimo, ma il Cile non ha mai voluto sedersi al tavolo. Così, nel 2013, ha deciso di portare il caso alla Corte penale internazionale. La Corte ha concluso che le note, i verbali e varie dichiarazioni tra i due Paesi per tutto il XX secolo e l'inizio del XXI secolo implicano che c'è stata l'intenzione del Cile di negoziare, ma questo non significa che abbia l'obbligo giuridico di farlo. Dopo la sentenza, l'ex ministro degli esteri boliviano Javier Murillo si è espresso sulla vicenda, parlando di "scenario complesso" a proposito degli sviluppi futuri. "La decisione dell'Aia - ha detto - non significa in alcun modo che la Bolivia debba smettere di lavorare a livello politico per risolvere il problema".

Ottenere uno sbocco sul Pacifico è sempre stato un obiettivo del presidente della Bolivia, Evo Morales. "Il popolo boliviano e i popoli del mondo sappiano che la Bolivia ha perso l'accesso al Pacifico a causa di un'invasione", ha detto Morales in una breve apparizione sui gradini della Corte internazionale. Il presidente boliviano ha assicurato che non ha intenzione di gettare la spugna. Non è ancora chiaro come la delusione per la sentenza dell'Aia possa influenzare le prossime elezioni generali che si terranno nel 2019, nelle quali Morales aspira a mantenere la presidenza del paese, ma alcuni osservatori sottolineano che il verdetto potrebbe danneggiarlo.



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