martedì 30 ottobre 2018

Trump, stop cittadinanza a nati in Usa da illegali





Donald Trump cavalca il tema immigrazione in vista di Midterm e annuncia che vuole firmare un ordine esecutivo per mettere fine al diritto costituzionale di cittadinanza per i bimbi nati in Usa di persone che non sono cittadini americani o che sono immigrati illegali. "Siamo l'unico Paese al mondo dove una persona viene, ha un figlio e il bimbo è un cittadino degli Stati Uniti per 85 anni con tutti i relativi benefici", ha affermato. Il 14/o emendamento garantisce questo diritto per chiunque nasca negli Usa e molti esperti dubitano che il presidente possa cancellarlo avvalendosi dei suoi poteri. "Mi è sempre stato detto che è necessario un emendamento costituzionale. Indovina un po'? Non serve", ha spiegato, affermando di essersi consultato con l'avvocato della Casa Bianca. Il 14/o emendamento garantisce questo diritto per chiunque nasca negli Usa e molti esperti dubitano che il presidente possa cancellarlo avvalendosi dei suoi poteri. "Mi è sempre stato detto che è necessario un emendamento costituzionale. Indovina un po'? Non serve", ha spiegato, affermando di essersi consultato con l'avvocato della Casa Bianca. "Si può fare certamente con un atto del Congresso, ma ora mi stanno dicendo che posso farlo con un ordine esecutivo", ha proseguito. "E' ridicolo e deve finire", ha aggiunto il tycoon, senza precisare quando intende procedere ma sottolineando che il piano "è in corso di svolgimento e accadrà". Trump aveva duramente criticato questo diritto anche in campagna elettorale. Diversi altri Paesi, incluso il Canada, hanno una politica di cittadinanza legata alla nascita

Tendopoli per migranti carovana in cerca di asilo  - I migranti che vogliono chiedere asilo politico entrando nel paese attraverso una carovana finiranno in tendopoli costruite vicino al confine Lo ha detto il presidente Trump in un'intervista a Fox News. "Non li lasceremo entrare nel paese - ha sottolineato - se fanno richiesta di asilo politico saranno trattenuti (in tendopoli, ndr) fino all'inizio del processo". Le tendopoli saranno belle, ha detto il tycoon, precisando pero' che non spenderà centinaia di milioni di dollari in strutture per ospitare chi resterà detenuto in attesa dei risultati della richiesta di asilo politico. "Installeremo tende ovunque - continua - aspetteranno e se non otterranno asilo dovranno andare via".

Un muro di uomini per respingere altri uomini, i primi arriveranno ad ore. Confermate le indiscrezioni del Wall Street Journal, il Pentagono ha annunciato che invierà 5200 soldati al confine con il Messico per respingere la carovana di migranti, per lo più honduregni, partiti circa due settimane fa, direzione Stati Uniti.

Il Pentagono annuncia un'operazione massiva, ben oltre gli 800 uomini inizialmente previsti. Il generale Terrence O' Shaughnessy, ha spiegato i termini: "Entro la fine di questa settimana, schiereremo oltre 5.200 soldati sul confine sudoccidentale. È solo l'inizio di questa operazione, continueremo a modificare i numeri e vi informeremo; questi uomini si aggiungono alle oltre 2.092 unità della Guardia Nazionale già mobilitate nell'operazione in corso Guardian Support".

A ribadire che il confine è chiuso il presidente Donald Trump "non sarete ammessi senza un processo legale, tra voi ci sono dei criminali" ha scritto su twitter. Ma i migranti non si arrendono, tra loro molte donne e bambini.

Il flusso, sotto gli occhi del mondo e aiutato dalla solidarietà di molti, è inarrestabile: così un secondo gruppo di migranti, 350 persone, sarebbe in viaggio verso gli Stati Uniti. Secondo la stampa locale hanno varcato i confini de El Salvador e ora sono in Guatemala, assistiti da volontari.

domenica 21 ottobre 2018

Clean seas ottobre 2018 Barcolana 50 a Trieste



L'evento velico più grande al mondo è arrivato alla sua cinquantesima edizione, quest'anno si affrontano temi sociali e ambientali con il coinvolgimento dei velisti nella salvaguardia del mare. Edizione da record e dal forte sentimento politico e sociale per la Barcolana 2018. Dal Manifesto "We're all on the same boat" che richiama ognuno di noi alla responsabilità sociale all'appello di Clean Sea Life per sensibilizzare alla salvaguardia del nostro bene più prezioso: il mare. Vittoria per i fratelli triestini Furio e Gabriele Benussi e della loro imbarcazione Spirit of Portopiccolo, arrivati al terzo successo consecutivo. Al momento del colpo di cannone che ha sancito la vittoria di Spirit of Portopiccolo sulle rive cittadine c’è stato l’applauso delle oltre 200 mila persone presenti.

Un’avventura all’insegna della difesa del mare. A2A Pendragon ha invitato i velisti previsti Barcolana a seguire una regola fondamentale rispettata dal suo team: #NothingOverboard, non solo un hasthag ma una vera call to action per rimarcare l’importanza di non gettare nulla fuoribordo, in particolare i filtri delle sigarette. L’equipaggio diA2A Pendragon sostiene infatti con forza “Clean Sea Life”, il progetto di sensibilizzazione sui rifiuti marini co-finanziato dalla Commissione Europea.  Un progetto che sta coinvolgendo migliaia di amanti del mare in una campagna straordinaria di pulizia di coste e fondali d’Italia. Per maggiori info su questo progetto basta andare su  http://cleansealife.it/index.php/diportisti

"We're all on the same boat" - siamo tutti sulla stessa barca - questo il messaggio che Marina Abramovic ha scelto di dedicare ai partecipanti, agli amanti del mare e al pubblico della 50ma edizione di Barcolana. Nelle intenzioni dell’artista serba il messaggio, semplice ed efficace, ha una valenza prevalentemente ecologista; la celebre performer compare in piedi in uniforme, con un chiaro riferimento a un’estetica rivoluzionaria, all’interno di una struttura grafica caratterizzata dai colori e dall’elaborazione del logo di “Barcolana”. Abramovic impugna una bandiera bianca con lo slogan scritto in rosso e invita con decisione a un impegno in difesa del Pianeta, del mare e, più in generale, di un bene comune attraverso la solidarietà reciproca e lo spirito di squadra di cui la vela è la perfetta metafora. Non si sono fatte attendere le polemiche da parte della giunta triestina di centrodestra che ha letto nell’opera di Marina Abramovic un’allusione al problema delle migrazioni nel Mediterraneo e, di conseguenza, una critica esplicita alle politiche dei respingimenti dell’attuale governo. L’opera è stata difesa dai promotori ed utilizzata come manifesto dell’edizione 2018 della Barcolana.

Grande attenzione in questa edizione alla salvaguardia del mare: Clean Sea Life e A2A Pendragon, insieme ad alcuni dei più grandi velisti italiani, hanno lanciato un appello #NothingOverboard, una campagna di pulizia di coste e fondali d’Italia per contrastare l’accumulo dei rifiuti marini lungo le coste italiane, rilanciato da molti velisti presenti a Trieste. Anche Marevivo ha deciso di essere presente alla storica regata e, proprio a Trieste, hanno presentato la App "Occhio al Mare" Raffaella Giugni, responsabile relazioni istituzionali di Marevivo spiega la presenza dell’associazione alla Barcolana: "La nostra presenza alla Barcolana, che quest'anno ha deciso di essere a impatto zero, intende sottolineare come il mare non sia solo sede delle attività nautiche o di svago ma la più importante risorsa del  Pianeta che deve essere tutelata” e “per non trasformare il mare di Trieste in una pattumiera galleggiante“, come dice Eleonora de Sabata, portavoce del progetto, co-finanziato dalla Comunità europea.

Trieste ha vissuto delle giornate di sport e di storia grazie anche alla possibilità di salire a bordo dell’ Amerigo Vespucci, la “nave più bella del mondo” come fu definita nel 1962 dalla plancia della portaerei USS Independence incrociata nel Mediterraneo. La nave scuola della Marina Militare più anziana in servizio, varata nel febbraio del 1931 nel cantiere navale di Castellamare di Stabia, oltre a formare i cadetti dell'Accademia navale di Livorno, lo storico veliero ogni anno ospita a bordo migliaia di visitatori. Una grande vetrina. Così One Ocean Foundation, con i suoi ambassador Mauro Pelaschier e l’esploratore Alex Bellini, che ha rilanciato l’appello alla firma della Charta Smeralda, il manifesto etico per la salvaguardia del blu, e che domani sarà in regata con Viriella, il 118 piedi di Vittorio Moretti. Così Mediterranean Shipping Company presenta la sua Psaros33, un 10 metri con il quale entra nel mondo della vela, con Jean Psarofaghis come timoniere e skipper e il professionista della vela Nicolas Groux come tattico, già all’America’s Cup, alla Bol d’Or su Alinghi e 5 volte al Tour de France Sailing.



martedì 9 ottobre 2018

Campione d'Italia diventerà svizzero?


Da quando il Casinò è fallito la sopravvivenza degli abitanti è garantita dall'amministrazione elvetica. Un deputato a Berna propone il passaggio del paese alla Svizzera e il ministro risponde positivamente.

Campione è un comune a tutti gli effetti italiano ma, come è noto è una «enclave»: è inglobato nel territorio del Canton Ticino, circondato su tutti i lati dal confine di Stato. Altra singolarità: l’amministrazione campionese non riceve soldi dal governo di Roma ma campa esclusivamente degli introiti del Casinò che sorge sul suo territorio. E qui sta l’inizio di tutti i guai. Prima dell’estate la casa da gioco è stata dichiarata fallita: tutti i dipendenti sono rimasti senza lavoro ma quel che è peggio anche il municipio è stato trascinato a fondo, non avendo più incassi. Risultato: dipendenti senza stipendio, scuole chiuse, pagamenti sospesi, servizi interrotti. La sopravvivenza di Campione dipende attualmente dalla Svizzera, che ha cominciato a erogare i servizi al posto dell’Italia: gli studenti campionesi vanno a scuola nei vicini comuni svizzeri, la raccolta dei rifiuti è garantita da una ditta ticinese e così via. Claudio Zali, «governatore» del Canton Ticino ha reso noti i conti pochi giorni fa: Campione ha già accumulato un debito con il Cantone vicino al milione di franchi svizzeri, un altro 1,9 ce lo ha messo il municipio di Lugano, un milione e mezzo di franchi lo hanno messo aziende private. In tutto fanno ben più di 3 milioni di euro.

"Campione d'Italia svizzero? È immaginabile". È il pensiero stupendo del ministro degli Esteri svizzero Ignazio Cassis che ha commentato la proposta del deputato elvetico Marco Romano di annettere il comune alla confederazione. Un pezzo di Italia che passa armi e bagagli ad un altro Stato? L’ipotesi ha provocato qualche scossone negli ambienti diplomatici della Confederazione e la reazione piccata del sottosegretario agli interni italiano, il leghista Stefano Candiani: «Non se ne parla!». Ma al di là della frontiera di Chiasso, l’idea comincia ad avere un minimo di credibilità, come dimostrano le parole stesse del ministro.

La crisi di Campione è approdata al parlamento di Berna, quando il deputato Marco Romano, del partito popolare, ha presentato una interrogazione testualmente così formulata: «Alla luce della difficoltà nel trovare delle soluzioni, è immaginabile che la Confederazione, nell'ambito delle trattative con l’Italia, avvii anche una discussione di possibile cessione di questo territorio alla Svizzera?». Pareva una boutade retorica fino a quando Ignazio Cassisi, ministro degli esteri nonché ticinese ha risposto: «È immaginabile, ma evidentemente ci dovrebbero essere delle proposte dell’autorità competente cantonale in tal senso. Dopodiché quella federale farà le sue riflessioni a proposito». Insomma una annessione di un pezzo di Italia alla Svizzera non è escluso a priori. Le parole di Cassis non sono cadute nel vuoto.

Marco Romano. dal canto suo, nega che la proposta sia stata avanzata tanto per dire e anzi ne rivendica la concretezza: «Quelle del Casinò di Campione sono crisi cicliche. A mia memoria personale è già successo altre volte ed è sempre toccato alla Svizzera prestare aiuto. E allora mi chiedo: perché in un’ottica di solidarietà non pensiamo di intavolare un percorso che conduca Campione ad un nuovo assetto politico?». Secondo il parlamentare elvetico alcuni fattori spingono già in questa direzione: «A parte la collocazione territoriale all'interno della Svizzera, una buona parte dei residenti a Campione ha già la cittadinanza svizzera e mi risulta sia già partita una raccolta di firme tra i residenti per sostenere il cambio di bandiera». Ma come è ipotizzabile il «traghettamento» di un paese da uno stato all’altro? Un precedente non esiste...«Non, di questa natura no - replica Romano - . È chiaro che tutto deve avvenire lungo un percorso democratico, con due parti che dialogano e che si danno tempo. Possiamo ipotizzare una decina di anni. Non mi sono mai sognato di proporre una annessione unilaterale! Ma mi piacerebbe che italiani e svizzeri cominciassero a pensare al progetto. In fondo la politica è fatta anche di visione futura».



mercoledì 3 ottobre 2018

Cile e Bolivia la disputa per l’acceso al mare



La Corte internazionale di giustizia dell'Aia ha preso posizione su una delle più antiche controversie diplomatiche in America Latina. Il tribunale ha deciso con 12 voti a favore e 3 contrari che il Cile non ha l'obbligo giuridico di avviare negoziati con la Bolivia per concederle l'accesso sovrano all'oceano Pacifico che il paese andino rivendica come legittimo.

La corte si è quindi espressa a favore della posizione cilena nella disputa, decidendo che "il Cile non ha l'obbligo di negoziare con la Bolivia" per l'accesso al mare. In una sentenza che ha sorpreso il Cile per la sua risoluzione categorica, senza condizioni o suggerimenti, la Corte internazionale ha respinto la richiesta della Bolivia di "obbligare il Cile a negoziare in buona fede un'uscita sovrana verso il Pacifico".

Durante la lettura della sentenza, durata un'ora e mezza, sono state analizzate le argomentazioni boliviane, tutte però scartate, una ad una. La provincia cilena di Antofagasta, fino al 1879 territorio boliviano, è esplosa di gioia dopo aver ascoltato la sentenza della corte. Le immagini di felicità della provincia cilena si sono contrapposte alla delusione vissuta in Plaza Murillo a La Paz, dove la gente si era radunata per ascoltare la sentenza.

In conseguenza della cosiddetta "Guerra del Pacifico", combattuta fra il 1879 ed il 1883, la Bolivia perse 400 chilometri di costa e 120'000 chilometri quadri di territorio.

Il sogno della Bolivia di avere finalmente un fazzoletto di terra che permettesse al proprio stato uno sbocco diretto sul mare è andato letteralmente in frantumi. Sembrano davvero non essere serviti a niente decenni e decenni di discussioni, proposte, negoziazioni e violenti scontri verbali con i cugini cileni.

La decisione espressa dal Tribunale dell’Onu mette fine alla denuncia presentata nel 2013 da La Paz che cercava (invano) di far uscire il proprio paese da una situazione di isolamento territoriale, iniziata nel lontano 1883. Il confine tra Bolivia e Cile sembra essere stato deciso sulla base di un trattato firmato da ambo le parti nel 1904.

Si tratta di una disputa che si trascina dal XIX secolo. Com'è cominciata e perché è una questione così controversa?

Il territorio conteso
Il Corridoio di Atacama è un territorio di 120.000 chilometri quadrati, con un tratto di costa di circa 400 chilometri.

La Bolivia ritiene che il Cile abbia approfittato della sua posizione di forza dopo la vittoria della guerra per appropriarsi dei suoi territori e che, privando la Bolivia del tratto di costa che le appartenava prima del conflitto, abbia recato un gravo danno all'economia del Paese. A questo proposito, il direttore generale dell'Istituto boliviano del commercio estero (IBCE), Gary Rodriguez, ha citato uno studio condotto da un'associazione di industriali di Santa Cruz, la regione più prospera della Bolivia: secondo lo studio tra il 2013 e il 2017 la Bolivia ha subito un danno economico di oltre 300 milioni di dollari a causa delle oltre 60 occasioni in cui sono stati bloccati gli scambi commerciali attraverso i porti cileni.

Il Cile sostiene che i suoi problemi di confine con la Bolivia sono stati risolti con il trattato firmato nel 1904, venticinque anni dopo la fine del conflitto e da allora ha sempre difeso la validità dell'accordo. Ritiene inoltre che il trattato non incida negativamente sullo sviluppo economico della Bolivia, poiché le concede il diritto di libero transito commerciale attraverso i porti del Pacifico, in particolare attraverso la città di Arica. La risposta di Santiago non si è fatta attendere. “La Corte ha fatto giustizia e ha messo le cose al loro posto, affermando in modo chiaro e categorico che il Cile non ha mai avuto alcun obbligo di negoziare l'accesso al mare”, ha dichiarato il presidente cileno Sebastian Piñera. “Oggi è un grande giorno per il Cile, ma anche per il diritto internazionale, per il rispetto dei trattati internazionali e per la convivenza sana e pacifica tra i paesi”.

Che effetti avrà la decisione dell'Aia sulla controversia?
Il governo boliviano ha detto di avere chiesto più volte di negoziare un accesso marittimo, ma il Cile non ha mai voluto sedersi al tavolo. Così, nel 2013, ha deciso di portare il caso alla Corte penale internazionale. La Corte ha concluso che le note, i verbali e varie dichiarazioni tra i due Paesi per tutto il XX secolo e l'inizio del XXI secolo implicano che c'è stata l'intenzione del Cile di negoziare, ma questo non significa che abbia l'obbligo giuridico di farlo. Dopo la sentenza, l'ex ministro degli esteri boliviano Javier Murillo si è espresso sulla vicenda, parlando di "scenario complesso" a proposito degli sviluppi futuri. "La decisione dell'Aia - ha detto - non significa in alcun modo che la Bolivia debba smettere di lavorare a livello politico per risolvere il problema".

Ottenere uno sbocco sul Pacifico è sempre stato un obiettivo del presidente della Bolivia, Evo Morales. "Il popolo boliviano e i popoli del mondo sappiano che la Bolivia ha perso l'accesso al Pacifico a causa di un'invasione", ha detto Morales in una breve apparizione sui gradini della Corte internazionale. Il presidente boliviano ha assicurato che non ha intenzione di gettare la spugna. Non è ancora chiaro come la delusione per la sentenza dell'Aia possa influenzare le prossime elezioni generali che si terranno nel 2019, nelle quali Morales aspira a mantenere la presidenza del paese, ma alcuni osservatori sottolineano che il verdetto potrebbe danneggiarlo.