domenica 30 settembre 2018

Galileo Galilei, trovata lettera che gli costò l'accusa di eresia



Trovata la lettera che costò a Galileo Galilei l'accusa di eresia. Ne dà notizia la rivista Nature sul suo sito, precisando che la lettera è stata scoperta il 2 agosto scorso a Londra, in una biblioteca della Royal Society, dallo storico della scienza italiano Salvatore Ricciardo, dell' Università di Bergamo, che l'ha studiata con Franco Giudice, della sua stessa università, e con Michele Camerota, dell'Università di Cagliari. In sette pagine scritte il 21 dicembre 1613 Galileo, che si firma con le sue iniziali G.G., esponeva a un amico la sua teoria sul movimento della Terra intorno al Sole, opposta alla tesi della Chiesa secondo la quale la Terra era immobile.

"Non potevo credere di avere scoperto la lettera che tutti gli studiosi di Galileo credeva irrimediabilmente perduta", ha detto Ricciardo a Nature. "E' ancora più incredibile - ha aggiunto - perché la lettera non era custodita in un'oscura biblioteca, ma nella biblioteca della Royal Society". E' stato lo stesso Ricciardo, con i colleghi Giudice e Camerota, ad analizzare la lettera e a descriverla in un articolo in via di pubblicazione sulla rivista Notes and Records, della Royal Society. Al momento, riferisce Nature, molti studiosi si riservano ogni commento in attesa di leggere l'articolo, una volta pubblicato. Soltanto lo storico della scienza Allan Chapman, dell'Università di Oxford e presidente della Royal Society per la storia e l'astronomia, lascia spazio all'entusiasmo: "è così importante - ha detto a Nature - che permetterà nuovi approfondimenti in questo periodo critico". Della lettera, indirizzata a Benedetto Castelli, esistono diverse copie e due versioni diverse. Di queste ultime, una è custodita negli Archivi Vaticani ed è quella che il 7 febbraio 1615 venne inviata all'Inquisizione, indirizzata al domenicano Niccolò Lorini. Poiché finora la versione originale della lettera si credeva perduta, è rimasta aperta la questione se i toni usati da Galileo fossero effettivamente duri come l'Inquisizione sosteneva. Il ritrovamento dell'originale potrà ora rispondere a questa domanda aperta da secoli.

Il testo è composto da sette pagine in cui Galileo, che si firma con le sole iniziali G.G., espone a un amico la sua teoria in antitesi alla conoscenza dell'epoca che voleva la terra immobile e al centro del cosmo (sistema geocentrico). La scoperta è avvenuta il 2 agosto a Londra, in una biblioteca della Royal Society (dove è rimasta per almeno 250 anni), dallo storico della scienza italiano Salvatore Ricciardo, dell'Università di Bergamo, che l'ha studiata con Franco Giudice, della stessa università, e con Michele Camerota, dell'Università di Cagliari. La notizia è stata diffusa dal sito Nature che specifica come molti studiosi si riservano ogni commento in attesa di leggere l'articolo, una volta pubblicato.

Della lettera, indirizzata a Benedetto Castelli, esistono diverse copie e due versioni diverse. Di queste ultime, una è custodita negli Archivi Vaticani ed è quella che il 7 febbraio 1615 venne inviata all'Inquisizione, indirizzata al domenicano Niccolò Lorini. Poiché finora la versione originale della lettera si credeva perduta, è rimasta aperta la questione se i toni usati da Galileo fossero effettivamente duri come l'Inquisizione sosteneva. Il ritrovamento dell'originale potrà ora rispondere a questa domanda aperta da secoli.

Lo scienziato nacque a Pisa nel 1564 e studiò prima medicina per poi avvicinarsi alla fisica, alla matematica e all'astronomia. Grazie allo studio e al perfezionamento del cannocchiale riuscì scrivere alcune delle teorie più importanti della fisica dell'epoca, in particolare sulla rotazione della terra (esposta nel “Dialogo sui Massimi sistemi”) e sul movimento della terra e dei pianeti, in particolare sulla teoria copernicana che non vedeva più la terra al centro dell'universo ma come un pianeta che girava intorno al sole. Una teoria che gli valse il sospetto di essere un eretico e l'accusa di voler sovvertire la filosofia naturale aristotelica e le Sacre Scritture. Venne infatti condannato nel 1633 e costretto a ritrattare.



lunedì 24 settembre 2018

L'ultimo discorso sullo stato dell'Unione di Jean-Claude Juncker


Jean-Claude Juncker ha tenuto davanti alla plenaria di Strasburgo l'atteso discorso sullo stato dell'Unione, l'ultimo prima delle elezioni europee in programma a maggio 2019.

Un anno fa Juncker aveva annunciato progetti e obiettivi da raggiungere nei mesi successivi: "'Non penso che siamo alla vigilia di una catastrofe come quella della prima guerra mondiale, tuttavia dobbiamo ricordarci di essere felici perché viviamo in un continente di pace grazie all'Unione europea: per questo dobbiamo rispettarla meglio, difendere il nostro modo di essere e di vivere", ha detto Juncker, che ha aggiunto: 'Si' al patriottismo che non è rivolto contro gli altri, no al nazionalismo che respinge e detesta gli altri, che distrugge, cerchiamo invece soluzioni che ci permettano vivere insieme. Mai più la guerra, dicevano i nostri “padri fondatori”, ciò per noi è un faro, dobbiamo essere vigili'. Aprire vie di immigrazione legale  "E' impossibile ogni volta che arriva un'imbarcazione elaborare soluzioni ad hoc. Le soluzioni ad hoc non bastano più. Abbiamo bisogno di maggiore solidarietà nel presente e nel futuro e deve essere una solidarietà duratura". "Dobbiamo aprire delle vie di migrazione legale per l'Europa, abbiamo bisogno di migranti qualificati - ha aggiunto - le proposte della Commissione ci sono da tempo, vi invito a utilizzarle".

Nel concreto, Juncker ha già annunciato il progetto di una polizia di frontiera europea con 10mila agenti schierati alla frontiera, con l’intenzione di rafforzare Frontex (un’agenzia che raccorda l’attività delle guardie costiere Ue) e trasferire competenze dai governi nazionali a Bruxelles. Gli osservatori internazionali si aspettano anche proposte per regolamentare l’uso dei dati personali degli utenti Ue da parte dei partiti europei, misure per snellire le procedure decisionali (stabilendo aree di politica estere dove le decisioni possono essere prese con maggioranza di due terzi e non l’unanimità) e una serie di misure attuabili entro maggio 2019, da regole anti-riciclaggio a piani di sostegno per lo sviluppo dell’Africa. Politico, una testata specializzata, aggiunge che Juncker potrebbe spendersi anche sulla proposta di stabilire l’euro come valuta di riferimento per la Ue su scala globale (in sostituzione del dollaro).

"Ogni volta che l'Europa parla con una sola voce riesce ad imporsi agli altri, deve agire come un fronte compatto, e noi lo abbiamo dimostrato quando abbiamo difeso l'accordo di Parigi" sul clima ha precisato il presidente della Commissione.

"Le sfide esterne si moltiplicano, non possiamo mollare la presa per costruire un'Europa più unita e più forte. Gli allargamenti per me restano successo, abbiamo conciliato geografia e storia, ma restano sforzi da fare" ha sottolineato Juncker. "Dobbiamo definire in modo definitivo l'adesione dei paesi dei Balcani occidentali altrimenti gli altri si assumeranno compito di dare forma ai nostri vicini", ha aggiunto. "L'Europa deve restare un continente di apertura e tolleranza, non sarà mai una fortezza in un mondo che soffre, non sarà mai un'isola, resterà multilaterale, il pianeta non appartiene a pochi" ha sottolineato Juncker.

Il presidente della Commissione Europea ha poi affrontato il tema dei migranti. "Resto contrario alle frontiere interne, laddove sono state create devono essere eliminate. I nostri sforzi hanno portato a dei risultati con meno profughi lungo la rotta del Mediterraneo centrale, tuttavia gli Stati membri non hanno ancora trovato un rapporto giusto fra la responsabilità dei singoli paesi e la necessaria solidarietà, che deve essere dimostrata se vogliono mantenere lo spazio Schengen senza confini". E proprio per aiutare gli stati dell'Unione Juncker propone "un rafforzamento della guardia costiera e di frontiera europea fino a 10mila unità da qui al 2020 ed un'agenzia europea per l'asilo".

Il numero di migranti che arriva in Europa attraverso il Mediterraneo continua a diminuire, ma ci sono diversi fattori da considerare.

In primo luogo mentre il volume degli arrivi attraverso l'Italia e la Grecia è diminuito dallo scorso settembre, è invece aumentato in Spagna.

Inoltre secondo Bernd Parusel, esperto della Rete Europea sulle Migrazioni, il calo degli arrivi non è necessariamente imputabile all'Ue. Ad esempio, il calo del numero di coloro che arrivano in Italia è dovuto al rifiuto di Roma di far attraccare nei propri porti le navi che trasportano migranti.

Infine è aumentata la percentuale di migranti che muoiono cercando di attraversare il Mediterraneo. Una delle ragioni principali dell'aumento del tasso di mortalità è la riduzione del numero di ong che gestiscono missioni di salvataggio dei migranti tra la Libia e l'Italia. Inoltre, secondo Parusel, ciò ha comportato un minor numero di migranti che lasciano la Libia e un conseguente peggioramento delle loro condizioni di vita.

Juncker ha detto l'anno scorso di voler migliorare urgentemente in quest'area. "Non sono stato in Libia, ma da tutto quello che ho sentito e letto le condizioni non sono realmente migliorate - ha detto Parusel -. Probabilmente di recente sono peggiorate perché c'è stato un aumento dei combattimenti tra le milizie e un numero imprecisato di migranti è rimasto intrappolato lì. Migranti che volevano venire in Europa ma che ora sono intrappolati in Libia. E' anche più difficile per le ong e l'agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati operare in Libia".

Che dire poi del numero di rimpatri, un'altra area in cui Juncker ha chiesto dei miglioramenti? Non ci sono ancora dati per il 2018, ma gli ultimi dati Eurostat mostrano una diminuzione del numero di persone che vengono rimpatriate.

Nel 2017 ci sono stati 214.150 rimpatriati, rispetto ai 250.015 dell'anno precedente. "Penso che qui ci troviamo a dover affrontare molti problemi: i migranti irregolari non hanno documenti di viaggio, in alcuni casi i paesi di origine non vogliono riammetterli, mentre in alcuni paesi la situazione della sicurezza è così problematica che è difficile per le forze dell'ordine effettuare il rimpatrio".

Sull'ultimo impegno di Juncker - lavorare per aprire percorsi legali che permettano alle persone di raggiungere l'Europa - Parusel ha detto che per coloro che cercano di fuggire da situazioni disperate ci sono ancora "pochissime opportunità".




martedì 11 settembre 2018

Riforma del copyright all'Europarlamento



È un voto dall'esito incerto quello che il Parlamento europeo terrà mercoledì a Strasburgo sulla controversa direttiva che dovrebbe regolare il diritto d'autore nella nuova era di Internet. Il testo presentato dalla Commissione europea ha spaccato i partiti, avvelenato gli animi, scatenato la reazione sia dei fornitori di servizio sulla Rete che delle case editrici. La partita è tanto politica quanto economica in una fase in cui i media sono sotto pressione in molti paesi del mondo.

L'obiettivo è di imporre una forma di remunerazione ai contenuti editoriali online. Per decenni, la produzione culturale, sia essa letteraria, cinematografica o giornalistica è stata remunerata. Con Internet, molto è diventato gratuito, indipendentemente dalla qualità, tanto che numerose case editrici sono oggi in difficoltà finanziaria. Sul pacchetto legislativo, il Consiglio ha trovato una propria posizione. Ora tocca al Parlamento europeo. In giugno, la commissione affari giuridici ha approvato un proprio mandato negoziale con cui affrontare la trattativa con i Ventotto e la stessa Commissione.

Ora o mai più", è il monito lanciato dalla Commissione Ue in vista del voto a Strasburgo. Perché lo status quo, avverte, "andrebbe a beneficio" di una sola categoria: i 'soliti noti' come Facebook e Google, che continuerebbero a lucrare su autori, creatori, stampa senza riconoscere loro il giusto compenso.

I nodi restano gli articoli 11 e 13, ovvero quello che gli slogan antiriforma hanno ribattezzato rispettivamente "tassa sui link" e "bavaglio al web". Dopo le fortissime pressioni ricevute in occasione del precedente voto di luglio, finito con un rinvio, l'estate è stata sfruttata dagli europarlamentari per approfondire il complicato dossier, e presentare emendamenti per modificare il testo. Questi, però, sono arrivati ad essere ben 252, e dovranno ora passare al voto.

La partita ha scatenato un dibattito acceso. Numerosi deputati hanno denunciato la straordinaria pressione di molti lobbisti, in particolare i fornitori di servizio come Google ma anche coloro che temono per la libertà della Rete. Sul fronte opposto, le case editrici e gli artisti. Questo fine settimana 200 personalità francesi hanno firmato una lettera aperta in difesa del diritto d'autore.

Coloro che temono per la libertà di Internet hanno raccolto prima dell'estate fino a 700mila firme a favore della bocciatura della riforma. Evidentemente, il tema non ha solo risvolti economici, ma ha anche politici. La Rete è ritenuta al tempo stesso una fonte di informazione scadente, ma anche un baluardo della libertà d'espressione. Tra le varie cose, la proposta di Bruxelles prevede limiti al caricamento di video su YouTube (articolo 13) e il pagamento di diritti per la riproduzione di articoli (articolo 11).

Da una parte ci sono quelli 'migliorativi' dello stesso relatore, il popolare tedesco Axel Voss, che rendono più chiara l'esclusione dei link dall'applicazione del diritto d'autore (ma includono gli snippet) ed eliminano il sistema di filtri dei contenuti ex ante sostituendoli con una "cooperazione" tra piattaforme e detentori di diritti. Dall'altra, ci sono le modifiche concorrenti di liberali, socialisti, gruppi misti ed europarlamentari francesi, sino a quelle che cancellano proprio i due articoli, come per esempio gli emendamenti di M5S ed Efdd. L'obiettivo di Ppe e S&d è far passare gli emendamenti Voss, ricompattando così i due gruppi divisi anche al loro interno, e allo stesso tempo convincere i liberali a convergere. Dall'altra barricata, infatti, restano Verdi, sinistra, euroscettici e conservatori che erano e restano contrari alla riforma. La conta, quindi, come già avvenne a luglio, sarà fino all'ultimo voto.

L'esito peggiore, per Bruxelles, sarebbe un voto negativo che bloccasse il mandato a negoziare del Parlamento con Commissione e Consiglio il testo finale, dove realmente si giocherà il contenuto degli articoli 11 e 13. Perché significherebbe, infatti, il ritorno alla casella di partenza delle commissioni parlamentari. E, quindi, la morte della riforma, dato che non ci sarebbero più i tempi tecnici per adottarla entro la fine del mandato di questo Europarlamento.