venerdì 9 dicembre 2016

Politica: anno 2016 la caduta dei leader in Europa



Dal 25 aprile 2016, data del Vertice a 5 in Germania, soltanto Angela Merkel è stata riconfermata alla guida del suo Paese. Complici referendum ed elezioni politiche, gli altri leader hanno abbandonato o sono prossimi a farlo.

Cinque leader a colloquio ad Hannover, in Germania: è il 25 aprile 2016. Da sinistra, David Cameron, Barack Obama, Angela Merkel, Francois Hollande e Matteo Renzi. Un’immagine che è diventata virale sui social network a poche ore dalla sonora vittoria del ‘No’ al Referendum costituzionale che ha portato alle dimissioni del premier italiano Matteo Renzi. Una foto che è virale perché racconta in meno di sei mesi come sono cambiati gli equilibri internazionali. Dei cinque leader ritratti in questa immagine, soltanto Angela Merkel è stata riconfermata alla guida del suo Paese. Referendum interni e elezioni politiche hanno cambiato il volto della politica in Gran Bretagna, Stati Uniti, Francia e Italia.

Un anno nero, anzi, nerissimo per molti leader del Vecchio Continente, e non solo. Soprattutto per quelli che si ostinano a puntellare questo cadente edificio che è l'Ue.

Il vento antiestablishment li ha travolti quasi tutti, è in tutto l’Occidente che nel 2016 si è assistito ad un vento antiestablishment che soffia contro le leadership al potere, smentendo sondaggi e previsioni dei media. L’immagine simbolo di questo rivolgimento sono le foto, ormai virali sui social, del vertice su terrorismo e crisi migratoria del 25 aprile scorso ad Hannover che vedeva riuniti Renzi, Cameron, la cancelliera tedesca Angela Merkel e i presidenti americano Barack Obama e francese Francois Hollande.

Sono passati quasi otto mesi dal 25 aprile scorso, quando ad Hannover, in Germania, si riunivano Barack Obama, Angela Merkel, David Cameron, François Hollande e Matteo Renzi. Cinque leader mondiali chiamati allora a discutere della situazione della Libia e della Siria, oltre alla crisi dei migranti e alla lotta al Daesh o Stato Islamico, presente in entrambi gli Stati. Eppure sembra passato un secolo. Questo momento, immortalato in un'immagine, è diventata subito virale in rete dopo la schiacciante sconfitta del 'Sì' al referendum costituzionale, che è costata la carica al premier italiano Matteo Renzi.

Tanta l'ironia sui social network, dove a poche ore dall'esito del referendum è rimbalzata questa immagine, diventata il simbolo del cambiamento in atto nel panorama politico internazionale. Molti utenti sul web hanno fatto notare come dei cinque leader immortalati nella foto sia rimasta in piedi solo Angela Merkel, che qualche settimana fa ha annunciato la sua quarta candidatura alle elezioni federali che si terranno in Germania nel 2017.

La stessa sorte della cancelliera tedesca non è toccata però al vicino di casa François Hollande, che qualche giorno fa ha annunciato di rinunciare alla ricandidatura per le presidenziali francesi previste nell'aprile 2017, o a Barack Obama, presidente uscente degli Stati Uniti, dopo 8 anni alla Casa Bianca. E come Renzi, che in seguito al referendum ha rassegnato le dimissioni, lo stesso aveva fatto l'ex primo ministro inglese David Cameron il 24 giugno scorso, all'indomani del voto su Brexit. In quel caso, dopo l'addio a Downing Street, il testimone è passato a Theresa May.

La proliferazione e la crescita di tanti movimenti anti europeisti ha precise motivazioni, che non possono essere circoscritte con sufficienza, come fa la sinistra, nel populismo o nella xenofobia. No, c'è ben altro. Non è l'Europa che non va, ma questa Ue costruita a tavolino che, imprimendo delle priorità, come la moneta unica e non solo, ha fallito il suo obiettivo: la totale integrazione dei suoi membri. Non staremo qui a elencare le disparità, sappiamo bene cosa accade. E questo ha fatto riflettere molti cittadini, che quando hanno potuto esprimersi hanno molto spesso fatto tremare le fondamenta dell'Ue, soprattutto nel 2016.

Le vittime illustri sono tante, a cominciare dall'ex premier britannico David Cameron. Come per Renzi, anche per l'ex leader conservatore è stato fatale un referendum. Entrambi sono accomunati dallo stesso errore: puntare tutto sul voto e legare il proprio destino al risultato. L'epilogo lo conosciamo, i cittadini della Gran Bretagna hanno deciso di uscire dall'Ue. Cameron, come altri leader, non ha valutato attentamente il sentimento popolare. La crisi economica, l'emergenza immigrazione, le minacce terroristiche hanno pesato più dell'amore, che forse non c'è mai stato, per quest'Europa. Quando gran parte dei conservatori, capeggiati dal suo rivale Boris Johnson, gli ha voltato le spalle abbracciando la Brexit con gli indipendentisti dell'Ukip è stata la fine. Per i britannici il principio di sovranità è qualcosa di sacro, proprio per questo non avevano aderito all'euro: perché avere il controllo della moneta significa avere il controllo dell'economia. E così Londra ha lasciato l'Ue e Cameron ha presentato le dimissioni.

Ma in Europa sono pochi a sorridere. Anche in Francia c'è chi ha traballato a lungo e ha deciso di gettare la spugna. Parliamo del presidente François Hollande. Il Paese ha attraversato anni difficili, la crisi è andata di pari passo con il declino industriale, e poi le tensioni etniche nelle periferie, gli attentati. In questo clima d'emergenza è mancata totalmente una guida e Hollande ha dimostrato di non avere carisma e neppure capacità di leadership. Nel partito socialista sono scoppiate rivalità interne che finora covavano sotto la cenere e il presidente ha così deciso di non ricandidarsi di nuovo all'Eliseo. In questo scenario, è cresciuto a dismisura il Front National di Marine Le Pen, consapevole che i francesi hanno chiaro in testa quali siano le priorità. Ai socialisti, piombati nella più totale confusione, non resta che aggrapparsi al futuro candidato neogollista all'Eliseo, quel François Fillon, ultraconservatore e tutt'altro che amante di questa Europa. Ma, dicono in casa Ps, meglio lui che lo spettro Le Pen.

L'unica a resistere sembra essere Angela Merkel, anche se la Cdu è già in allarme dopo le batoste elettorali alle amministrative. Ma la cancelliera ha deciso di ripresentarsi, nonostante la sua politica di apertura agli immigrati (imposta a tutta Europa e non solo alla Germania) abbia fatto rinascere un partito nazionalista e sia stata mal digerita da gran parte dei tedeschi. La Merkel tira dritto ma rischia molto, anche se nel suo partito, nonostante la fronda, non c'è ancora un rivale di rilievo. Se non dovesse farcela, i quattro Paesi più importanti d'Europa avrebbero perso tutti i loro leader sotto i colpi dell'euroscetticismo. Come gli Usa hanno voltato le spalle a Obama per Trump.


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