mercoledì 4 giugno 2014
Oggi 4 giugno 2014: sono passati venti anni senza Massimo Troisi
Massimo Troisi era nato a San Giorgio a Cremano il 19 febbraio 1953. Morì il 4 giugno 1994, a soli 41 anni, il giorno dopo aver finito le riprese de 'Il Postino'. Se uno nasce a San Giorgio a Cremano (alle porte di Napoli ma nel cuore di una periferia disastrata, ancora campagna, non ancora città) e cresce in una casa piccola e sovraffollata (cinque fratelli, due genitori, due nonni e cinque nipoti), o si chiama Massimo Troisi o si rassegna all'anonimato fin dall'infanzia. Troisi era amatissimo sia come comico da quando aveva ottenuto le prime popolarità televisive con il trio della Smorfia (erano lui, Lello Arena ed Enzo Decaro), sia come attore più versatile che arrivò a essere candidato all’Oscar per il Postino due anni dopo la sua morte, nel 1996 (un’altra candidatura la ebbe in quanto coautore della sceneggiatura).
Troisi era napoletano, e il suo personaggio pubblico era intimamente legato alla sua provenienza geografica, sottolineata dal suo accento e dal suo modo di parlare e di riferirsi alle cose, a cavallo tra l’autocommiserazione e la grande lucidità. Ma lo era anche in un modo proprio e opposto al cliché della napoletanità – con personaggi timidi, impacciati, sensibili – che cercava spesso di prendere in giro e criticare. Fu protagonista di film di grandissimo successo (di cui era anche regista) grazie all’associazione tra l’aspetto comico e quello più sentimentale o riflessivo – come Ricomincio da tre e Scusate il ritardo – e soprattutto di una memorabile collaborazione con Roberto Benigni in Non ci resta che piangere, tutti film che hanno consegnato al linguaggio popolare battute e gag poi diffusissime (Yesterday… bom-bom; il tentativo di spostare il secchio; un fiorino!; milleqquattro quasi milleccinque; emigrante?; Mas-si-mi-lia-no; la lettera a Savonarola; ricordati che devi morire; chi parte sa da cosa fugge, ma non sa…).
Troisi decise di far onore al suo nome e di combattere contro un destino difficile, acuito fin dalla giovinezza da dolorose febbre reumatiche che produssero lo scompenso cardiaco alla valvola mitralica che gli sarebbe stato fatale ad appena 41 anni. Il 4 giugno di vent'anni fa, appena 12 ore dopo la fine del suo film più ambizioso e impegnativo, "Il Postino", Massimo scivolava dal sonno alla morte nella casa di sua sorella Annamaria, a Ostia, dove aveva trovato rifugio dopo le fatiche di un set che non avrebbe dovuto affrontare. Alla vigilia del "Postino", Troisi era tornato in America dal chirurgo (De Beckey) che già una volta l'aveva operato in gran segreto al cuore agli inizi della carriera. Sapeva di non poter affrontare il doppio sforzo dell'ideazione e dell'interpretazione (nonostante avesse lasciato la regia a Michael Radford per arrivare alla fine delle riprese) ma scelse di non risparmiarsi per avere l'opportunità di Philippe Noiret nel ruolo del poeta Neruda. Era rassegnato ad andare incontro al suo destino, del resto giocava a nascondino con la morte da sempre e spesso ci aveva fatto dell'ironia tratteggiando personaggi che scompaiono prematuramente ("no, grazie il caffè mi rende nervoso" e perfino intitolando il suo film Tv "Morto Troisi...viva Troisi" (1982).
Il "Pulcinella senza maschera" che il pubblico avrebbe amato fin dall'esordio con "Ricomincio da tre" (1981), si era formato sulle tavole del palcoscenico, istintivo erede di Eduardo e di una napoletanita' irridente e dolente che avrebbe traghettato in un diverso sentire, quella della "nuova Napoli" di Pino Daniele e di Roberto De Simone. Col gruppo "I Saraceni" e poi con gli inossidabili amici de "La Smorfia" (Lello Arena ed Enzo Decaro) uscì presto dai confini vernacolari del successo paesano per portare la sua lingua (un napoletano vivacissimo e torrenziale, sincopato e colorito, "l'unica lingua che so parlare, a dire il vero") sulle reti televisive nazionali e poi al cinema. Com'era accaduto a Eduardo e a Totò, quella parlata divenne comprensibile a tutti oltre le parole, sinonimo di un sentire universale in cui la maschera diventava volto e il personaggio un paradigma universale.
Il successo fu inatteso, clamoroso, immediato. Erano gli albori di quegli anni '80 che portavano alla ribalta insieme a lui la generazione dei Moretti e dei Benigni, ma fu proprio col toscanaccio Roberto che Troisi trovo' un'empatia istintiva, festeggiata dal pubblico col clamoroso successo di "Non ci resta che piangere" (1984) in cui il suo surreale "grammelot" faceva da efficace contrappunto alla paradossale cornice storica di un esilarante viaggio nel tempo fino alla Firenze medicea. La critica aveva amato di più l'opera seconda del regista Troisi ("Scusate il ritardo", 1983), Manon fu sempre generosa con l'autore, salvo poi tributargli grandi encomi postumi dopo le quattro nominations de "Il Postino" che nel 1996 fruttarono al film l'Oscar per la colonna sonora di Luis Bacalov.
A 20 anni dalla scomparsa, la città di San Giorgio a Cremano (Napoli) ricorda Massimo Troisi, con una serie di eventi che vedranno protagoniste donne impegnate nell'arte, docenti universitari e giovani artisti. L'amministrazione comunale che ogni anno ne celebra l'anniversario della nascita, lo ricorderà con l'iniziativa 'Nel segno di Massimo', un programma diviso in due giornate illustrato a Villa Bruno dall'amministrazione comunale e dall'associazione Circolo Massimo.
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