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martedì 30 aprile 2019

Giappone finisce un'era Akihito lascia il trono






L'imperatore Akihito ha abdicato. E' il primo monarca giapponese a compiere questo gesto negli ultimi due secoli. Il principe ereditario Naruhito ascenderà al trono mercoledì, dando il via ad una nuova era, Reiwa, la 248esima nella storia Imperiale, che significa 'Ordine, Armonia e Pace'. Nel suo ultimo discorso, l'85enne ha augurato "al Giappone e al mondo pace e prosperità". E si è detto "grato per il popolo che mi ha accettato come simbolo e mi ha sostenuto".


La cerimonia è avvenuta secondo regole fissate dalla Costituzione e la funzione 'Taiirei-Seiden-no-gi' (il tradizionale rituale di abdicazione di sua maestà l'imperatore) si è svolta nella sala di Stato del palazzo imperiale, nel centro di Tokyo. L'imperatore Akihito, vestito con abiti tradizionali, ha comunicato il suo ritiro agli antenati, rinunciando al trono dopo un regno durato 30 anni. E' la prima abdicazione del Giappone da quando l'imperatore Kokaku lasciò il trono nel 1817.

Circa 300 persone, tra cui il primo ministro Shinzo Abe e i suoi ministri, alla cerimonia. Mercoledì la seconda cerimonia in cui il principe ereditario Naruhito (59 anni), il figlio maggiore di Akihito, salirà al trono ed erediterà le tradizionali insegne come la spada sacra e i gioielli, come prova della successione.

Il popolo giapponese avrà la possibilità di incontrare il nuovo imperatore, sua moglie, l'imperatrice Masako (55 anni) e altri membri della famiglia reale il 4 maggio, quando si affacceranno sul balcone del palazzo imperiale, ha detto l'Agenzia della casa reale. L'imperatore Akihito e l'imperatrice Michiko, che diventeranno imperatori emeriti e imperatrice emerita rispettivamente in seguito all'abdicazione, non sono tenuti a partecipare all'evento.

Per il Giappone, l'ascesa di Naruhito significa l'inizio di una nuova era e un mese prima della successione, il governo ha annunciato che si sarebbe chiamata "Reiwa". La parola è composta da due caratteri kanji giapponesi - "rei" significa "ordine", "comando" o "buono" mentre "wa" significa "armonia".

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump e sua moglie Melania si recheranno in Giappone il prossimo mese come primi ospiti dello stato del Giappone dopo l'intronizzazione. Più avanti, il governo inviterà anche ospiti provenienti da almeno 195 Paesi per partecipare ad eventi che celebrano l'ascesa di Naruhito.

Akihito divenne imperatore l'8 gennaio 1989 all'età di 55 anni, in seguito alla morte del padre, l'imperatore Hirohito, nel cui nome il Giappone combatté e perse la Seconda guerra mondiale. Nell'agosto 2016, in un raro videomessaggio, il sovrano aveva annunciato la sua intenzione di dimettersi, citando come motivazione il fatto che la sua età avanzata e la sua salute fragile avrebbero potuto impedirgli di adempiere ai suoi doveri ufficiali come simbolo dello stato. Poiché l'imperatore non ha alcun potere politico, non può decidere direttamente l'abdicazione. Così, nel giugno 2017, il parlamento giapponese aveva promulgato una legge speciale permettendogli di abdicare.

Durante il regno di Akihito, il Giappone ha subito diverse calamità naturali e il peggior disastro nucleare del mondo dall'incidente di Chernobyl nel 1986. Nel 1995, un terremoto di magnitudo 7,3 scosse la principale città occidentale di Kobe, causando la morte di oltre 6.400 persone. Nel 2011, il nord-est del Giappone è stato colpito da un terremoto di magnitudo 9 che ha causato uno tsunami, in cui sono morte circa 18.500 persone, e una tripla fusione alla centrale nucleare di Fukushima Daiichi.

Nel corso di un evento governativo a febbraio per celebrare il trentesimo anniversario del suo regno, l'imperatore ha ricordato con emozione il sostegno delle persone intervenute per aiutare coloro che si trovavano nella zone colpite da disastri naturali. "In tutta la nazione, le persone hanno condiviso il dolore di quelle comunità come se fossero le loro e si sono schierate con i loro concittadini in vari modi: questi sono tra i ricordi più indimenticabili del mio regno", ha detto. Akihito ha anche espresso apprezzamento per il tanto necessario sostegno fornito dalla comunità internazionale e dalle organizzazioni globali in seguito a tali disastri. "Innumerevoli Paesi, organizzazioni internazionali e regioni ci hanno dato la loro gentile e cortese assistenza - ha detto l'imperatore - , a queste persone offro la mia più profonda gratitudine".

 Il popolo giapponese avrà la possibilità di incontrare il nuovo imperatore Naruhito, sua moglie, l'imperatrice Masako (55 anni) e altri membri della famiglia reale il 4 maggio, quando si affacceranno sul balcone del palazzo imperiale. L'imperatore Akihito e l'imperatrice Michiko, che diventeranno imperatori emeriti e imperatrice emerita rispettivamente in seguito  all'abdicazione, non sono tenuti a partecipare all'evento. Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump e sua moglie Melania si recheranno in Giappone il prossimo mese come primi ospiti dello stato del Giappone dopo l'intronizzazione. Più avanti, il governo inviterà  anche ospiti provenienti da almeno 195 paesi per partecipare ad eventi che celebrano l'ascesa di Naruhito.

L'inizio di una nuova era Protetta da un imponente apparato di sicurezza, che vede dispiegati migliaia di poliziotti, in particolare in seguito al dibattito connesso al rischio terrorismo dopo la strage dello Sri Lanka costata la vita anche a un cittadino nipponico, Tokyo ha assistito così alla prima abdicazione di un imperatore in 200 anni e all'accesso al trono di un nuovo Tenno, Naruhito, che porta con sé l'inizio dell'era Reiwa.

Per i giapponesi l'inizio di una nuova era rappresenta un'occasione per interrogarsi sullo stato dell'arte del paese, in una fase storica che è piena d'incertezze per la terza economia del mondo, la quale rischia di vedere il suo ruolo marginalizzato da una Cina sempre più arrembante in Asia orientale e dal tradizionale alleato statunitense sempre meno affidabile per quanto riguarda la gestione della sua sicurezza. L'istituto dell'abdicazione è stato attivato in Giappone per l'ultima volta 202 anni fa, nel 1817, quando a lasciare il Trono del Crisantemo fu Kokaku in favore del figlio Ninko che introdusse l'appellativo di Tenno per tutti gli imperatori giapponesi. Questa scelta, comune nel Giappone classico e feudale, era così desueta che non esisteva un percorso legislativo nella Legge sulla Casa imperiale. Dopo la richiesta di Akihito di poter lasciare il trono, con molte difficoltà il governo di Tokyo ha stabilito un percorso una tantum per l'abdicazione dell'imperatore ormai 85enne.




mercoledì 18 giugno 2014

Spagna, Juan Carlos firma abdicazione



Trentanove anni fa con l'alta uniforme scura di medaglie e di coccarde, diceva “Viva la Constituciòn”, pure quella volta dentro il televisore di ogni casa spagnola, insonni tutti anche se era quasi l'alba, e non si sapeva ancora se il nuovo giorno sarebbe stato ancora una volta il passato che tornava oppure finalmente, e per sempre, il futuro che chiudeva le porte della storia nazionale.

Juan Carlos I non è più re di Spagna. A Palazzo Reale ha controfirmato la legge che rende effettiva la sua abdicazione compiendo l'ultimo atto da capo dello Stato. La norma sarà esecutiva dalla mezzanotte e da quel momento suo figlio Felipe sarà re. Alla firma sono presenti la Regina Sofia e il principe Felipe, in abiti civili come il padre, con la moglie Letizia e le figlie Leonor e Sofia.

Un emozionato Juan Carlos, dopo la controfirma dell'abdicazione e della rettifica da parte del premier spagnolo Mariano Rajoy, ha abbracciato il successore al trono, il figlio Felipe e in un gesto simbolico gli ha ceduto la sua poltrona. Il passaggio di consegne, in presenza di donna Sofia e di Letizia, che dalla mezzanotte sarà regina, e delle infante Leonor di Borbone - l'erede al trono che a sua volta diventa principessa delle Asturie - e Sofia. Al termine dell'atto solenne, davanti a 160 invitati, un'ovazione ha salutato Juan Carlos I, visibilmente emozionato, che è stato baciato dalle nipoti, prima dell'inno nazionale che ha chiuso la cerimonia.

In questi due messaggi a “los pueblos de Espan^a” e “Todos al suelo, con^o”, il primo del 23 febbraio dell'81, è  racchiuso un intero mondo: la parabola di una monarchia, la vicenda di un uomo, il destino di un paese.

L'eredità gli era stata consegnata dallo stesso Francisco Franco, nel tardo mattino del primo ottobre del '75, con un abbraccio che, dal balcone del Palacio de Oriente, siglava il passaggio dei poteri davanti a una folla osannante che sventolava in aria i fazzoletti bianchi di un' appartenenza senza scelte. “E' l'abbraccio della morte”, dicemmo in tanti ch'eravamo venuti a Madrid a vedere un importante pezzo di storia d'Europa che finiva; e in un'intervista perigliosamente clandestina che mi diede, qualche notte dopo, nel silenzio immobile di una anonima casa di periferia, Santiago Carrillo, segretario del partito comunista, l'uomo più odiato e più ricercato del regime, il vecchio “compan^ero” ora senza la parruca che gli proteggeva la clandestinità mi disse con disprezzo: “Passerà alla storia come Juan Carlos il Breve”.

Il cardinale Tarancòn, appena pochi giorni dopo la morte di Franco, il 20 novembre, incoronandolo nella cattedrale de los Jeronimos gli aveva chiesto di essere “il re di tutti gli spagnoli”, si doveva capire che, forse, davvero il disegno della storia sarebbe stato diverso. Sul letto di morte, il Caudillo aveva detto, rassicurante, che lasciava il paese “atado y bien atado”, che tutto era sotto controllo, insomma; e invece ecco che, prima il vecchio cardinale, e poi il Richelieu più ascoltato, Torcuato Fernàndez de Miranda, stavano sussurrando al re appena intronato ben altra storia: che si doveva cambiare, “con juicio”, certo, ma comunque cambiare. E arrivò la designazione di un giovane outsider, Adolfo Suàrez, a capo del governo, con lo sconcerto dell'impalcatura del vecchio regime, poi la legalizzazione dei partiti e non più soltanto l'eterna Falange, poi ancora la nuova Costituzione e, addirittura, perfino la legittimazione del partito comunista. Quello che era stato immaginato “atado” scioglieva, libero, i suoi lacci consunti. L'approdo alla modernità lo aveva pilotato il re di Franco.

Re costituzionale mai dubbioso del proprio ruolo storico, ha rispettato doverosamente il gioco parlamentare, e consegna oggi la Spagna e il principe Felipe ai tempi nuovi d'una democrazia che deve sapersi misurare con le sfide del futuro. Certo, nel privato ne ha fatte di cotte e di crude, è stato uno scavezzacollo sempre dietro gonne al vento, un “mujeriégo” impenitente come dicono a Madrid; ma alla fine sono fatti suoi, e poco del paese, anche se hanno contribuito a deteriorare l'immagine della monarchia, insieme con gli scandali finanziari che hanno agganciato suo genero e la infanta Cristina. Sono storie di oggi, un re che se ne va sa bene che peseranno nel bilancio finale che lo accompagnerà; il 60% degli spagnoli sono nati dopo le pistolettate di Tejero, e sanno poco di quel “Todos al suelo, con^o!” ma sanno tutto dei traffici amorosi di Juan Carlos e dei traffici incerti della sua famiglia.