mercoledì 15 gennaio 2014

Ariel Sharon: militare e il politico



E' morto Ariel Sharon, la 'spada di Davide'. Obama, ha consacrato vita ad Israele Generale di ferro, dalla strage di Sabra e Chatila al ritiro da Gaza. La sua morte divide. Piange Israele. Per i palestinesi era ''un criminale con le mani sporche di sangue''.

Nacque venti anni prima dello Stato di Israele. Si arruolò a 14 anni nelle unità  di un insediamento ebraico. Poi il massacro di Sabra e Chatila e la politica. Ariel Sharon è stato anzitutto un soldato che ha dedicato la vita alla difesa d’Israele, ma divenuto premier ha dimostrato di essere pronto a cedere terra per dare una possibilità in più alla pace. È l’avanzata dell’Afrika Korps di Rommel che, a 14 anni, lo spinge ad arruolarsi nell’Haganà, le unità clandestine di un insediamento ebraico della Palestina britannica che si prepara allo scontro con la Germania nazista. La sconfitta dell’Asse ad El Alamein scongiura questo scenario ma Sharon resta nelle fila dell’Haganà accumulando battaglie, ferite, decorazioni ed esperienze che lo trasformano nell’eroe più indisciplinato dell’esercito del nuovo Stato.

L'ex premier israeliano Ariel Sharon è morto a 85 anni nell'ospedale di Tel Ha Shomer, nei pressi di Tel Aviv, dove era ricoverato negli ultimi tempi. Le sue condizioni - Sharon era in coma da otto anni - si sono drammaticamente aggravate nei giorni scorsi.

"Il mio caro amico Arik Sharon ha perso oggi la sua ultima battaglia. Arik era un soldato valoroso e un leader che sapeva osare. Amava la sua nazione e la sua nazione lo amava". E' il primo commento del capo dello Stato Shimon Peres alla morte dell'ex premier israeliano Ariel Sharon.

"Un grande e coraggioso leader e un vero sionista". Così il capo dell'opposizione israeliana, il laburista, Isaac Herzog, ha commentato la morte di Ariel Sharon. Herzog ha detto che Sharon sapeva come "cambiare la sua opinione del mondo e riconoscere il giusto percorso dello Stato di Israele".

Sharon era un "criminale, responsabile della morte di Arafat sfuggito alla giustizia internazionale". Così Jibril Raboub, un dirigente di Fatah, ha commentato la morte dell'ex premier israeliano. Hamas al potere a Gaza ha definito un "momento storico" la "scomparsa di questo criminale con le mani coperte di sangue palestinese".

Nato nel febbraio 1928 in un villaggio ebraico della Palestina sotto mandato britannico, Ariel Sharon è stato fin da ragazzo un personaggio chiave nello Stato di Israele: spesso ammirato dai connazionali, ancora più spesso temuto dai dirigenti del Paese, perfino odiato dalla stampa locale, ma mai sottovalutato.

L'uomo che per decenni era stato una 'Spada di Davide' ed aveva fatto ricorso senza remore alla forza per modellare un Medio Oriente a misura di Israele, dal gennaio 2006 sarebbe rimasto costretto nel letto di un ospedale di Tel Aviv. In questo simile al suo acerrimo rivale, il palestinese Yasser Arafat, spentosi in un ospedale francese quando ormai era ridotto in fin di vita.

La storia personale di Sharon inizia nei campi del villaggio di Kfar Mallal. Il padre Shmuel è un rude agronomo russo, che costringe il figlio a lavorare nei campi fin da bambino e di notte lo mette a fare la guardia per impedire che i beduini gli rubino il raccolto. Nemmeno con i laburisti ebrei va troppo d'accordo: Arik comprende che nel mondo, per restare a galla, occorre farsi valere.

Ma nel 1953 è già in prima linea: anzi, oltre le linee nemiche, alla guida della Unita' 101 incaricata dal premier David Ben Gurion di compiere azioni di ritorsione alle incursioni dei fedayn palestinesi. E la '101' diventa sinonimo di crudeltà: soprattutto dopo la strage di Kybia (Cisgiordania), dove morirono 60 palestinesi. A Ben Gurion, Sharon piace. "Ha solo il difetto di non dire la verità", nota. Tattico militare brillante, Sharon fa carriera: prima nei parà, poi nei carristi. Nel 1967 (guerra dei Sei Giorni) combatte nel Sinai e con le sue manovre disorienta 16mila soldati egiziani. Nel 1973 (guerra del Kippur) è di nuovo nel Sinai: indisciplinato come sempre, eppure alla guida di una testa di ponte che sfonda le linee egiziane. Ma politicamente è a destra: dunque capisce che l'establishment laburista non gli consentirà di diventare capo di Stato maggiore. Inizia così la grande manovra di aggiramento: sarebbe entrato nella stanza dei bottoni se non per meriti militari, almeno grazie a manovre politiche. E' suo il progetto del Likud, la fusione di tutte le liste della destra nazionalista. Nel 1977 Menachem Begin (Likud) vince le elezioni e nel 1981 nomina Sharon ministro della Difesa. La sua figura incute timore nella sinistra. "Circonderà l'ufficio del premier con i carri armati", avverte un ministro. "Sharon non si ferma col rosso", avverte il cantante Shalom Hanoch.

E i suoi timori si concretizza nel giugno 1982, quando inizia l'invasione del Libano in seguito ad un grave attentato palestinese. Begin vorrebbe un'operazione limitata ma Sharon marcia su Beirut, da dove espelle Arafat. Nel settembre c'è il massacro di Sabra e Shatila: migliaia di palestinesi sono massacrati da falangisti libanesi in una zona di Beirut i cui perimetri sono presidiati da Israele. Sharon, sotto accusa, è costretto ad abbandonare il ministero della Difesa. Ma accetta incarichi ministeriali fino alla competizione elettorale con Ehud Barak (laburista) nel terribile febbraio 2001, insanguinato dagli attentati dell'Intifada palestinese armata.

Le antenne del vecchio generale gli dicono che dietro al terrorismo c'è Arafat: come il gatto col topo, lo intrappola nella Muqata di Ramallah e stringe i Territori in una morsa di ferro. In seguito fa innalzare la Barriera di sicurezza. E la violenza palestinese gradualmente cala, fino a cessare. Negli anni 'Arik' ha appreso che la forza può solo essere un tampone. Per costruire ci vogliono idee nuove: e nel 2005 cancella con un grandioso colpo di spugna 25 insediamenti ebraici dalla Striscia di Gaza espellendone gli 8 mila coloni. Su questa mossa, il Likud si spacca. Allora Sharon, assieme con Shimon Peres, fonda una nuova lista centrista, Kadima, che avrebbe dovuto procedere nel disimpegno israeliano anche in Cisgiordania, dopo un'auspicata vittoria alle politiche del gennaio 2006.

Ciò che più conta nella sua storia politica è il legame che costruisce con i “Gush Emunim”, gli abitanti degli insediamenti ebraici in Cisgiordania dei quali diventa il paladino, convinto sostenitore della necessità di controllare più terra possibile per difendersi dai nemici arabi. Quando Begin viene rieletto nel 1981 lo nomina ministro della Difesa ed è in questa veste che diviene il protagonista dell’operazione militare “Pace in Galilea”: l’attacco contro le basi dell’Olp in Libano in risposta all’attentato contro un diplomatico israeliano a Londra. È una guerra che Sharon spinge fino ad arrivare a Beirut. Riesce nell’intento di espellere Yasser Arafat ed i suoi guerriglieri ma rimane imbrigliato nella strage di Sabra e Chatila. Sono i campi profughi nei quali, fra il 16 e il 18 settembre, vengono uccisi fra 800 e 3.500 palestinesi per mano delle milizie falangiste cristiano maronite guidate da Elie Hobeika ma il perimetro esterno dei campi è sotto il controllo degli israeliani e la Commissione Kahan, insediata a Gerusalemme, giudica Sharon “indirettamente responsabile” del massacro per aver “ignorato il pericolo di un bagno di sangue e non aver fatto nulla per impedirlo”.

È il momento più difficile della sua vita dal quale si risolleva grazie all’impegno del Likud che lo porta a ricoprire più ministeri fino all’elezione a premier nel febbraio 2001. A sfidarlo è la Seconda Intifada, a colpi di kamikaze dentro autobus e ristoranti, che riesce a piegare con due mosse: l’operazione “Muro di Difesa” che lancia nel 2002 dentro i territori palestinesi ordinando ai soldati di “entrare nelle città sparando” e la successiva edificazione di una barriera di separazione fra insediamenti ebraici e villaggi arabi in Cisgordania.

Sharon si convince a tal punto della necessità della separazione fisica dai palestinesi che nell’agosto del 2005 decide l’espulsione forzata di circa 10 mila israeliani da 21 insediamenti a Gaza per consentire alla Striscia di diventare il primo nucleo del nuovo Stato di Palestina. L’infarto che lo colpisce il 4 gennaio, causando un massiccio ictus, è favorito da una salute precaria dovuta ad alto colesterolo, alta pressione ed un’obesità leggendaria.

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