martedì 24 marzo 2020

Emergenza in Russia: tra disinformazione e crisi



Un dossier di 9 pagine, rivelato dal Financial Times, avverte: è in corso un’operazione di disinformazione su Internet. Dispiegati gli stessi account usati durante la Brexit.

Nove pagine. Per provare a districarsi tra migliaia di messaggi e notizie sparsi su Internet che vogliono diffondere «confusione, panico, paura» legati al Covid-19. L’Unione Europea è convinta che la Russia stia mettendo in campo le stesse armi digitali già dispiegate durante le campagne di disinformazione attorno a referendum sulla Brexit britannica, alle rivolte dei gilet gialli in Francia o per la sistematica diffamazione dei Caschi Bianchi in Siria, il gruppo di pronto soccorso creato nelle aree controllate dai ribelli (Mosca è intervenuta militarmente in sostegno del regime di Bashar Assad).

Il dossier – redatto dal Servizio europeo per l’azione esterna, è stato rivelato dal quotidiano Financial Times – illustra i tentativi di sfruttare le reazioni dei cittadini europei alla pandemia: «L’obiettivo globale del Cremlino è quello di aggravare la crisi nei Paesi occidentali minando la fiducia nel sistema sanitario nazionale e ostacolando così una risposta efficace all’emergenza». Implicati nella disinformatia sarebbero gli stessi account (legati alla struttura statale russa) già usati in altre operazioni: dal 22 gennaio pubblicano messaggi in italiano, inglese, spagnolo, tedesco, francese.

Petrolio in calo, coronavirus, fuga dal rublo: Vladimir Putin sembra avere più conflitti al suo interno. Dal 2014 a oggi, sotto il peso delle sanzioni internazionali e ricordando la crisi finanziaria del 2008, le autorità russe hanno accumulato risorse per i giorni difficili, costruendo una fortezza che rendesse il Paese impermeabile ai fattori esterni. Le riserve della Banca centrale hanno così superato i 570 miliardi di dollari, quarto posto nel mondo; mentre il Fondo di riserva nazionale - alimentato dai guadagni del petrolio - si appoggia su liquidità di 170 miliardi. Davanti a queste cifre, e a un debito estero tra i più bassi al mondo, gli investitori stranieri erano tornati.

Putin contava di attingere a tutto questo per rimediare almeno in parte agli squilibri sociali, per rilanciare la crescita con grandi progetti infrastrutturali e rinvigorire la propria popolarità. Improvvisamente, però, le ragioni per mettere mano al tesoro di casa si sono moltiplicate, tutte nello stesso tempo. C’è bisogno di soldi per sostenere il rublo e tenere a bada l’inflazione, per affrontare l’emergenza sanitaria e attutire l’impatto sui conti pubblici di un petrolio sotto i 30 dollari al barile; senza contare la fuga dei capitali, di nuovo spaventati, e gli interventi a sostegno di famiglie e imprese nella crisi che rischia di scatenarsi. Per un presidente che sta per mettere ai voti l’idea di restare al Cremlino a tempo indeterminato, la tempesta non poteva arrivare in un momento peggiore.

Putin, il suo governo e la Banca centrale russa ostentano sicurezza, nel nome di una stabilità finanziaria che non considerano in pericolo: né possono permettere che sia messa a rischio quella politica, incarnata dal presidente. Le risorse raccolte in questi anni consentono di far fronte a un prezzo del petrolio a 25/30 dollari il barile per 6/10 anni, dice il ministro delle Finanze, Anton Siluanov. Prezzi così bassi non fanno certo piacere, ammette il portavoce del presidente, Dmitrij Peskov, ma non sono catastrofici: la Russia è in grado di reggere l’impatto. È tutto sotto controllo, ripete Putin. Al punto, scrive l’agenzia Bloomberg, che il presidente russo non ha alcuna intenzione di cedere per primo nella sfida ingaggiata con i sauditi, a chi resiste di più con il petrolio così basso.

«La situazione è cambiata drammaticamente, nell’economia globale, sui mercati delle commodities e su quelli finanziari», ha riconosciuto Elvira Nabiullina, presidente della Banca centrale e ha spiegato la decisione di lasciare invariati al 6% i tassi di interesse. L’incertezza è evidenziata dalla scelta «rara» tra le opzioni considerate dal consiglio di Bank Rossii: abbassare i tassi, alzarli o lasciarli invariati. Diversamente dalle banche centrali di mezzo mondo, infatti, alla minaccia di un rallentamento dell’economia, la Russia unisce la necessità di proteggere il rublo, bersagliato dal calo del petrolio: a marzo, la moneta ha già perso il 19%. Nelle ultime settimane, per sostenerlo, la Banca centrale aveva così ripreso le vendite di valuta estera, per incoraggiare invece l’attività economica, Nabiullina ha annunciato un pacchetto di iniziative a sostegno delle piccole e medie imprese, con la possibilità di accedere a prestiti agevolati a un tasso del 4%.



Nessun commento:

Posta un commento