Draghi, ex presidente della Banca centrale europea non usa mezzi termini: «Ci troviamo di fronte a una guerra contro il coronavirus e dobbiamo muoverci di conseguenza»: la sfida è «come agire con sufficiente forza e velocità per prevenire che una recessione si trasformi in una prolungata depressione, resa ancora peggiore da una pletora di default che lasciano danni irreversibili».
«È già chiaro che la risposta» alla guerra contro il coronavirus «deve coinvolgere un significativo aumento del debito pubblico» afferma Draghi. «La perdita di reddito del settore privato - scrive l’ex presidente della Bce sul Financial Times – dovrà essere eventualmente assorbita, in tutto o in parte, dai bilanci dei governi. Livelli di debito pubblico più alti diventeranno una caratteristica permanente delle nostre economie e sarà accompagnata da una cancellazione del debito privato».
Per Draghi «di fronte a circostanze non previste un cambio di mentalità è necessario in questa crisi come lo sarebbe in tempi di guerra. Lo shock che ci troviamo ad affrontare non è ciclico. La perdita di reddito non è colpa di chi la soffre. Il costo dell'esitazione potrebbe essere irreversibile. La memoria delle sofferenze degli europei negli anni 20 del ’900 sono un ammonimento».
«La velocità del deterioramento dei bilanci privati, causata da uno shutdown che è inevitabile e opportuno» deve incontrare «un'uguale velocità nel dispiegare i bilanci dei governi, mobilitare le banche e, come europei, sostenerci uno con l'altro in quella che è evidentemente una causa comune», aggiunge Draghi definendo «coraggiose e necessarie» le misure prese dai governi per prevenire che il sistema sanitario sia sopraffatto.
Si tratta di azioni che «vanno sostenute» anche se comportano un «alto e inevitabile costo economico. Giorno dopo giorno le notizie economiche peggiorano». Nel suo intervento Draghi sottolinea: «È l'appropriato ruolo dello stato quello di dispiegare il suo bilancio per proteggere i cittadini e l'economia contro shock di cui il settore privato non è responsabile e non può assorbire», aggiunge Draghi mettendo in evidenza che le «guerre sono state finanziate da aumenti del debito pubblico. Draghi ricorda anche che tutte "guerre sono state finanziate da aumenti del debito pubblico. Durante la prima guerra mondiale in Italia e in Germania fra il 6 e il 15 per cento delle spese di guerra in termini reali sono state finanziate con le tasse". E conclude affrontando il ruolo della Ue in questa guerra. "L'Europa è ben equipaggiata" per affrontare questo "shock straordinario. Ha una struttura finanziaria capace di far confluire fondi in ogni parte dell'economia. Ha un forte settore pubblico in grado di coordinare una risposta rapida". Per l'ex presidente della Bce, proprio "la velocità è essenziale per l'efficacia della risposta".
È ancora il concetto di rapidità quello che evoca l’ex presidente della Bce. Sotto diversi punti di vista «l'Europa è ben equipaggiata» per affrontare questo «shock straordinario. Ha una struttura finanziaria capace di far confluire fondi in ogni parte dell'economia. Ha un forte settore pubblico in grado di coordinare una risposta rapida. La velocità è essenziale per l'efficacia» della risposta al coronavirus.
Agire subito per evitare depressione. Le parole che l’ex presidente della Banca Centrale Europea, Mario Draghi, ha usato dalle colonne del «Financial Times» non lasciano molti margini di interpretazione: il debito pubblico è l’unica leva che i governi hanno per gestire le fasi di guerra.
È il segno di un’emergenza che ha bisogno di pensiero nuovo per essere affrontata, perché il congelamento di una parte consistente delle attività economiche, in un sistema fortemente intrecciato, come quello europeo, non può essere gestito se non in modo condiviso. Nelle guerre conta la linea di comando, la linea che porta gli ordini e le decisioni fino all’ultimo reparto. In questo caso è decisivo il modo nel quale le garanzie pubbliche ai finanziamenti, gli aiuti e i sostegni al reddito, l’utilizzo delle risorse pubbliche, in grado di garantire che la liquidità non si fermi, funzionino. Uno sforzo enorme per le burocrazie, quella nazionale e quella europea, che dovranno fare in pochi giorni quello che di solito sono abituati a realizzare nell’arco di qualche mese. Visione e velocità, come Draghi riuscì a fare otto anni fa.