domenica 24 aprile 2016
Libertà stampa: l’Italia scende di quattro posizioni
"L'interferenza sui media da parte dei governi - si legge nel rapporto - è una realtà in molti Paesi dell'Unione europea. Ciò è dovuto alla concentrazione della proprietà dei mezzi di informazione in poche mani e nell'assenza di trasparenza sui proprietari". Inoltre "la Ue non ha regole sulla distribuzione degli aiuti di Stato ai media".
L'Italia perde quattro posizioni nella classifica di Reporters sans Frontieres sulla libertà di stampa nel 2016, scendendo dal 73/o posto del 2015 al 77/o (su un totale di 180 Paesi). Fra i motivi che - secondo l'organizzazione con base in Francia - pesano sul peggioramento, il fatto che "fra i 30 e i 50 giornalisti" sarebbero sotto protezione della polizia per minacce di morte o intimidazioni.
Nel rapporto è indicizzata la libertà di stampa di 180 paesi. Al primo posto c’è la Finlandia, all’ultimo l’Eritrea. L’Italia, settantasettesima preceduta dalla Moldova e seguita dal Benin, perde alcune posizioni rispetto all’anno scorso, a causa del numero di giornalisti sotto protezione e di quelli sottoposti a procedimenti giudiziari.
L'Italia è il fanalino di coda della Ue, seguita soltanto da Grecia, Cipro e Bulgaria. In Italia nei primi dieci mesi del 2014 si sono verificati 43 casi di aggressione fisica e sette casi di incendio doloso a case o auto di giornalisti. I processi per diffamazione "ingiustificati", secondo i dati Rsf raccolti dall'associazione "Ossigeno per l'informazione" che da anni registra notizie sui giornalisti minacciati in Italia, sono aumentati da 84 nel 2013 a 129 nei primi dieci mesi del 2014. Fra i motivi che - secondo l’organizzazione con base in Francia - pesano sul peggioramento, il fatto che «fra i 30 e i 50 giornalisti» sarebbero sotto protezione della polizia per minacce di morte o intimidazioni. Nel rapporto vengono citati anche «procedimenti giudiziari» per i giornalisti che hanno scritto sullo scandalo Vatileaks.
I giornalisti in maggiore difficoltà in Italia, dunque, sono quelli che fanno inchieste su corruzione e crimine organizzato. Stupisce che in graduatoria il nostro Paese sia superato anche da Paesi come l'Ungheria del discusso premier Orban (65esimo posto) o come Burkina Faso e Niger (46esimo e 47esimo posto). Peggio dell'Italia in Europa è riuscita a fare solo Andorra, caduta in un anno di 27 posizioni a causa delle difficoltà incontrate dai giornalisti nel raccontare le attività delle banche del piccolo Paese tra Francia e Spagna. In Africa situazione migliore dell'America La libertà di stampa è peggiorata quasi ovunque nel 2015.
Per la prima volta, da quando Rsf ha cominciato nel 2002 a realizzare la sua classifica, l’Africa mostra una situazione migliore che l’America, piagata dalla «violenza crescente contro i giornalisti in Latinoamerica», mentre l’Asia continua a essere il continente peggio valutato.
L’Europa rimane l’area in cui i media sono più liberi, anche se Rsf nota un indebolimento del suo modello. Dei 180 Paesi valutati, la Finlandia continua ad essere quello in cui le condizioni di lavoro per i giornalisti sono migliori (è in cima alla classifica accade dal 2010; seguita da l’Olanda, che guadagna due posti.
Situazione peggiora in tutto il mondo La situazione è in peggioramento in tutto il mondo: il rapporto parla di "una regressione brutale" della libertà di stampa nel 2014, conseguenza in particolare delle operazioni terroristiche dello Stato islamico e di Boko Haram e in generale dell'aumento dei conflitti armati. Un "deterioramento globale" legato a diversi fattori, con l'esistenza di "guerre d'informazione" e "l'azione di gruppi non statali che si comportano come despoti dell'informazione", ha dichiarato Christophe Deloire, segretario generale di Rsf. L'indicatore globale annuale, che misura il livello delle violazioni della libertà di informazione, è arrivato a 3719 punti, quasi l'8% in più rispetto al 2014 e il 10% in più se paragonato al 2013. Il peggioramento più grave riguarda l'Unione europea e i Balcani.
Pesa l'interferenza dei governi sui media "L'interferenza sui media da parte dei governi - si legge nel rapporto - è una realtà in molti Paesi dell'Unione europea. Ciò è dovuto alla concentrazione della proprietà dei mezzi di informazione in poche mani e nell'assenza di trasparenza sui proprietari". Inoltre "la Ue non ha regole sulla distribuzione degli aiuti di Stato ai media". Nel rapporto si parla del controllo dei mezzi di informazione che nelle aree di conflitto è diventato un vero e proprio strumento di guerra: in particolare lo Stato islamico sta usando i media come uno strumento di propaganda e di reclutamento. L'Is controlla cinque stazioni televisive a Mosul in Iraq e due nella provincia siriana di Raqqa. Tra i paesi dell'Ue, la Bulgaria è quello più indietro (106esima posizione).
Gli Stati Uniti si trovano al 49esimo posto (in calo di tre posizioni), la Russia al 152esimo, appena davanti alla Libia (154). I Paesi più pericolosi al mondo per i giornalisti sono risultati invece l'Eritrea (180esimo posto), la Corea del Nord (179), il Turkmenistan (178) e la Siria (177). In questo speciale indice di Reporter senza frontiere, l'Iraq sconvolto dai jihadisti dello Stato islamico occupa il 155esimo posto, la Nigeria dove agisce Boko Haram il 111esimo.
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