domenica 20 settembre 2009

Afghanistan: una nuova strategia



E’ facilmente ipotizzabile che ci sia una stretta relazione tra l’attività della guerriglia talebana e la stantia situazione politica in Afghanistan non ancora definita dopo la consultazione elettorale. E’ bene ricordare che i portavoce talebani avevano minacciato in che avrebbero boicottato e minacciato il processo democratico delle elezioni presidenziali dello scorso agosto. E’ altrettanto facile ipotizzare che non è solo una coincidenza l’attentato contro i militari “di pace” a Kabul sia arrivato dopo l’annuncio della Indipendent Election Commission (IEC) sulla vittoria di Hamid Karzai.

Di fronte alla guerra dei sacerdoti talebani ( ) sempre più agguerrita, la NATO ha il dovere politico-militare di adeguare la propria strategia in Afghanistan. A fine agosto il Comando Alleato della missione ISAF in Afghanistan ha diramato le nuove linee guida per le operazioni di counter-insurgency che i comandi militari devono seguire sul terreno. La nuova strategia dovrebbe segnare un significativo cambiamento almeno a livello operativo dopo anni di sforzi nel paese. Il punto focale è l’accantonamento della distinzione tra operazioni di combattimento, operazioni di stabilizzazione e sforzi di ricostruzione. Il counter-insurgency implica che l’obiettivo di tutti gli sforzi Alleati è quello di sottrarre la popolazione locale al controllo dei talebani e guadagnare il loro sostegno a favore del governo afgano. Solo l’isolamento degli insorti può porre fine alla guerra degli integralisti. In queste nuove operazioni proteggere la popolazione civile è più importante che uccidere gli insorti, perché senza il sostegno e la fiducia della popolazione locale la guerra dei sacerdoti talebani può disporre di riserve di combattenti quasi illimitate. Lo scopo della nuova missione deve essere quello di creare un Afganistan dove chi governi non permetta ai terroristi islamici di avere basi e poter fare proseliti.

D’altronde, come ha sostenuto Fareed Zakaria, analista di punta della CNN,che ha sostenuto che in “Afghanistan bisogna tornare all’obiettivo originale della missione ossia impedire ad al Qaeda di ritrovare luoghi sicuri dai quali ordire le sue trame di morte”. E la soluzione potrebbe essere quella adottata dall’ impero britannico del deal making, di comprare e negoziare l’appoggio delle tribu, che hanno sempre avuto un forte peso sociale e politico.

In occasione della fine del ramadam il messaggio del Mullah Omar non si è fatto attendere: “Invasori studiate la storia: dai tempi di Alessandro il Magnifico fino a oggi. Perché non siete mai riusciti a dominarci. E mai ci riuscirete”. Un avvertimento ed una verità Il monito della guida spirituale dell'Afghanistan si rivolge alle truppe Nato, che hanno il dovere di vigilare la difficile situazione e a tutti coloro che “non vogliono imparare dalla storia”. E non “vogliono guardare la realtà con i loro occhi. Avete ottenuto qualcosa in questi otto anni?”. E poi ha aggiunto: “Non ascoltate Obama, sconfiggeremo la Nato”. L'Emirato islamico dell'Afghanistan invita l'opinione pubblica occidentale a non dare ascolto a Obama, che dice che la guerra in Afghanistan è una guerra necessaria.

In questo messaggio, il leader dei talebani ha illustrato anche il suo piano per il futuro del Paese: uno Stato indipendente, imperniato su un "sistema islamico retto", nel rispetto della sharia. Prima di tutto, però, occorre che le truppe straniere lascino il Paese.

Il ministro degli Affari Esteri italiano Frattini riferendosi alle future prospettive in Afghanistan ha auspicato che: "Il nuovo presidente afghano Karzai deve fare un vero e proprio contratto con la comunità internazionale perché non è più il momento di chiedere, ma è necessario che il governo di Kabul si assuma le responsabilità di fronte al suo popolo e a chi sta dando aiuti".

Per dare manforte a questa nuova strategia politico-militare sarà significativo ragionare su un impegno di lungo periodo perché bisogna che crescano, di numero oltre che di fiducia, le forze di polizia afgane e sarà altrettanto indispensabile che i progetti con le aree tribali siano più consolidate, per evitare che la popolazione civile si senta abbandonata nelle mani dei sacerdoti talebani.