martedì 4 marzo 2008

Russia: plebiscito per la presidenza



In Russia si sono svolte le elezioni presidenziali che hanno portato al voto popolazioni racchiuse in ben undici fusi orari che vanno dal confine con l’Alaska al cuore dell’Europa, dando un risultato scontato, la  vittoria del partito di Medvedev-Putin.

Le elezioni in Russia hanno enfatizzato numericamente la “vittoria” del delfino di Putin, con una percentuale, sicuramente bulgara, del 70,2%, Meedvev che già nel 1999 era stato chiamato a condurre la campagna elettorale di Putin, e nel 2003 era entrato nello staff del Cremlino. E' stato il primo candidato alle presidenziali russe che non ha al suo attivo precedenti negli apparati dell'ex Urss, promettendo che, a rigor di logica putiniana, nominerà primo ministro Vladimir Putin.

Due centri di potere in Russia non si sono mai verificati è quindi presumibile che la vittoria plebiscitaria del nuovo presidente sia la conferma della politica putiniana o meglio di un rafforzzamento della stessa facendo in modo che la politica dell’ex presidente abbia un continuum, le parole del vincitore, nella sua prima dichiarazione ufficiale dopo il voto, sono un esmepio limpido di rinnovamento a medio termine: “penso che la mia presidenza sarà una diretta continuazione” di quella di Putin.

E’ significativo porre in evidenza che in una intervista al quotidiano spagnolo El Mundo, prima delle elezioni, il leader dell'opposizione ed ex campione di scacchi Garry Kasparov ha chiesto all'Occidente di ''negare a Putin ogni appoggio politico. Deve dire chiaramente - continua - che Medvedev non diventerà un presidente legittimo e che non può entrare a far parte del gruppo degli Stati democratici".

E’ opportuno sottolineare che il leader del partito d'opposizione Altra Russia aveva rinunciato a metà dicembre a correre per le presidenziali russe. Kasparov aveva spiegato che era stato impossibile trovare a Mosca una sede dove organizzare la riunione ufficiale necessaria per legge al lancio della sua candidatura.

Secondo Kasparov, negare appoggio politico a Putin è "lo strumento più forte che l'Occidente può usare, ora che ha la possibilità di esercitare una pressione reale e dire chiaramente che queste elezioni non possono essere considerate legittime.

La speranza viene dalle parole dell'ex portavoce di Mikhail Gorbaciov, Andrei Grachev: ''E' possibile che con Medvedev recuperino spazio gli ultimi residui di 'glasnost' che resistono nella società russa.” sottolineando che il delfino putiniano potrrebbe rappresentare la nuova generazione avendo una formazione liberale e filo-occidentale: due fattori che potrebbero produrre un cambio positivo nelle relazioni della Russia con gli Stati Uniti e l'Europa anche se non immediatamente, ma nel lungo periodo.

Forte della sua percentuale bulgara molto vicina a quella del suo mentore, che nel 2004 ottenne il 71,4%, in futuro il più giovane co-presidente della storia russa potrebbe far valere la carta costituzionale, in caso di divergenze con il leader russo. E' un'ipotesi che al momento appare difficile: l'intesa fra i due sembra quasi simbiotica e il progetto che li guida è lo stesso. Oggi battezzato “piano Putin”, domani forse “piano Medvedev”, punta a portare la Russia ai massimi fasti economici entro i prosslmi dieci anni, ammorbidendo i divari sociali e investendo in infrastrutture, know how e anche arsenali.

I risultati delle elezioni riflettono la volontà degli elettori ma “il potenziale democratico non è stato realizzato pienamente” è quanto ha affermato Andreas Gross, capo della missione di osservatori dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa (APCE), per di più l’unica missione occidentale presente nel Paese.

Il grande rammarico di fronte a queste elezioni che non siano stati presenti gli osservatori dell'Organizzazione per la sicurezza e la Cooperazione in Europa (Osce), che le ha disertate accusando Mosca di averne ostacolato la missione come aveva denunciato il responsabile della missione dell’Ocse in Russia, Goran Lennmarker, che “i mass media siano stati faziosi e abbiano favorito il partito al potere, mentre restrizioni scorrette sono state imposte sui piccoli partiti che partecipavano al voto”.